Il vero tema di tutta la grande avventura autoriale di
Mel Gibson è il coraggio. Ne è affascinato, è attratto da tutte le sue sfaccettature, da come sia in grado di manifestarsi in tante forme diverse portando sempre ad una statura umana e morale fuori dal comune. Siano combattenti per la libertà, professori, figli di Dio o semplici mariti in una tribù precolombiana i suoi protagonisti non sono eroi nel senso stretto, non sempre fanno cose eroiche, ma sempre dimostrano il coraggio delle proprie idee, prese di posizione impopolari e la capacità di tenere duro oltre il tollerabile. Sia che vengano torturati, sia che vengano vessati psicologicamente.
Un film come Hacksaw Ridge è totalmente in linea con questo ma anche totalmente fuori moda. Pensato, girato e raccontato come un grande blockbuster di 20 anni fa, con una retorica anche di 30 anni fa, è un polpettone storico di guerra infarcito di nazionalismo, eroismo e religione, pensato per dipingere le più cristalline virtù umane nell’atto di emergere nello scenario più da incubo (il fronte). Fino a che non inizia la parte di battaglia, cioè per tutto il primo tempo, ogni cosa di Hacksaw Ridge suona obsoleta come suonano obsoleti i film di Clint Eastwood. Ma è anche impossibile non notare la capacità istintiva ed immediata con la quale Gibson mette in scena l’animo umano, l’economia di gesti e dettagli con cui riesce ad arrivare là dove molti si fermano.
Se si ha la voglia di andare oltre le idee e lo stile lontani da noi, se non si pretende di voler cambiare la testa di chi ha girato il film ma ne si accetta il punto di vista per la durata del film, si rimane conquistati dalla forza della volontà del protagonista. La caratteristica di questo film in cui un ragazzo conosce la violenza (i pochi essenziali attimi in cui da piccolo lotta con il fratello e poi prega per la sua vita sono magistrali), ne rimane traumatizzato e per un misto di convinzione e religione decide che si arruolerà ma sarà obiettore di coscienza, cioè andrà in guerra ma senza toccare nessun’arma, è di esagerare con l’epica ma abbassare il volume di ogni interazione umana. Desmond Doss, realmente esistito, è per
Gibson un uomo tutto d’un pezzo che prima dei clamorosi eventi sul fronte viene vessato in ogni modo dal corpo militare, determinato a distruggerne le convinzioni e farne una macchina da guerra come gli altri.Hacksaw Ridge celebra senza se e senza ma l’indipendenza di pensiero portata ai massimi livelli
Hacksaw Ridge celebra senza se e senza ma l’indipendenza di pensiero portata ai massimi livelli, parente quasi dell’assurdo (ed è grande anche perché non divide il mondo in bianco e nero ma comprende tantissimo anche chi gli si oppone). Di sicuro a guidare Desmond Doss è l’ardore religioso ma il film ne fa un eroe della volontà, dotato di una fiducia nelle proprie idee inevitabilmente ammirabile.
Ed è fantastico come questo film ribalti l’assunto del film di guerra per antonomasia dell’era moderna,
Salvate il Soldato Ryan, spostando una delle scene di guerra più lunghe, dure, estenuanti e meglio girate che si siano viste da
Spielberg ad oggi, dall’inizio alla fine. Non un inferno che cambia la lettura degli eventi che vedremo a seguire ma la comprensione della forza di un uomo messa alla prova in un inferno che completa il quadro già osservato.