Venezia 72 - The Childhood of a Leader: la recensione
Originale ma pasticciato il film di Brady Corbet sull'infanzia di un non meglio precisato dittatore, presentato a Venezia nella sezione Orizzonti
L'ha fatto quel vecchio pizzoso di Haneke, perché non posso farlo anch'io?
L'intento del giovane cineasta esordiente, che ha presentato il film nella sezione Orizzonti del 72esimo festival di Venezia, non era del tutto condannabile, anzi: le origini dell'ondata di male che invase l'Europa, pur essendo già stato argomento di ottime pellicole, resta comunque un territorio ancora in gran parte inesplorato dal cinema, rispetto al ben più triste, effettivo avvento delle dittature nel Vecchio Continente. Ma le buone intenzioni non sono sufficienti, da sole, a far promuovere automaticamente un prodotto, specie tenendo conto del distacco anagrafico tra Corbet e l'Haneke di Il Nastro Bianco; distacco che avrebbe dovuto garantire a The Childhood of a Leader una freschezza di mano che, ahinoi, non è possibile riscontrare. In aggiunta, il sottofondo politico mal s'intreccia con i turbamenti prepubescenti del piccolo Prescott, che poco o nulla hanno a che vedere con le restrizioni imposte alla sconfitta Germania all'indomani della fine della Grande Guerra.
Un'occasione colta a metà, un minestrone confuso di cui, tuttavia, non si può ignorare la qualità di alcuni ingredienti visivi. Se correggerà il tiro e affinerà le proprie doti narrative, non dubitiamo che Corbet possa far strada nel panorama dei giovani cineasti statunitensi.