Venezia 72 - Mr. Six, la recensione

Il miglior poliziesco francese dell'anno è stato girato in Cina. Mr. Six è un gioiello di sentimentalismo virile ed etica al crepuscolo

Critico e giornalista cinematografico


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Il protagonista di questa storia è la malinconia per un tempo che non c'è più, il rimpianto e il senso del dovere di un piccolo gangster di quartiere, temuto anche dalla polizia, rispettato e amato da chi lo conosce, equo e magnanimo, ormai lontano dai suoi anni giovanili ma ancora in grado di tenere alta la testa. L'epoca della sua gang è tramontata, i suoi amici per la maggior parte si trovano altrove, chi in disgrazia, chi ha fatto invece i soldi con il nuovo capitalismo cinese. Lui invece è rimasto quello di sempre e quando una banda di giovani figli di funzionari (ricchissimi) rapisce suo figlio scapestrato, Fratello sei, dopo aver provato senza successo a colmare il debito (per lui il figlio ha sbagliato e merita una punizione) deciderà di imbracciare di nuovo le armi.

È il poliziesco francese che si trasferisce in Cina mr. Six, la celebrazione di codici e princìpi che non valgono più in un mondo che respinge i protagonisti. Forse non esiste niente di più appassionante e commovente se centrato.
Gangster di lungo corso e grande esperienza Sei è un personaggio mirabolante, interpretato senza uno sbafo da Feng Xiaogang, calmo e controllato ma violento e disperato, ovviamente preso in una relazione senza stabilità con una donna bella e perduta anch'essa e ovviamente restio a curare il suo vecchio cuore malato, sballottato da uno stile di vita fatto di sigarette ed alcol ma anche anche dalla morte della moglie e da un rapporto incrinato con il figlio. Ce le ha tutte le caratteristiche dell'eroe crepuscolare Sei, non appartiene davvero più a questo mondo e somiglia a quello struzzo che vede imprigionato nella casa di un ricco funzionario, animale maestoso e fuori contesto. Per questo una delle scene più commoventi è quella in cui reincontrerà l'animale per strada, liberatosi e in fuga dalla polizia, e lo affiancherà in bicicletta accompagnandolo e incitandolo a scappare, liberarsi e non farsi prendere. Forse l'unica volta in cui lo vediamo felice.

Cinema di poche parole per uomini dal cuore virile e sensibile, film in cui un padre dice ad un figlio "Sei la persona a cui tengo di più" perchè l'unico altro legame che ancora è saldo non conta "quella è una donna". A Guan Hu non piace per nulla la nuova Pechino in cui si muove Sei. Per strada si vedono solo disperazione e tentativi di suicidio, ingiustizie e mancanza di morale, anche la mafia non ha più un codice e non rispetta le regole imposte dalla tradizione. Tutto sembra risalire al nuovo capitalismo e in una delle molte scene memorabili, Sei, in bici assieme al suo compagno di sempre, fischietta il motivetto di Bella Ciao.
Finale epico sul lago ghiacciato e classico sottofinale da regime in cui tutti i torti sono raddrizzati dall'intervento della legge, ma non importa. Chi conosce il cinema sa come in realtà finisce questa storia, sa cosa intende dire questo fantastico film nero e potente.

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