Venezia 72 - Italian Gangster, la recensione
Una grande idea e un'audace (quanto improbabile) lettura della storia criminale italiana, in Italian Gangster rimangono più sulla carta che sullo schermo
Come in tutte le leggende è difficile dire dove finisca la parte reale e dove inizi la fantasia nella maniera in cui il film traccia una linea diretta e precisa tra antifascismo e criminalità. Il passato di questi gangster, tutti partigiani o comunque antifascisti militanti, è un'educazione alla violazione nei confronti della legge e alla lotta contro il sistema in anni di regime, una che li trasforma poi in oppositori del nuovo regime del dopoguerra, quello capitalista. L'iperbole di De Maria è di trasformare questi gangster in eroi del comunismo, combattenti per il popolo contro le industrie e le banche, viveur della malavita che con la loro insubordinazione palese, gli affronti alla legge, le carceri occupate, le fughe dalla polizia affermano e forse anche precedono l'idea della rivoluzione socialista o anarchica. Tutte ideologie che è difficile riscontrare realmente nei 6 criminali raccontati ma che indubbiamente costituiscono la presa di posizione autoriale del film. Sarebbe facile opporre al ragionamento di De Maria l'altro modo di vedere i criminali, quello propugnato da Scarface di De Palma, ovvero i gangster come estensione iperbolica e violenta del sistema capitalista, uomini che cercano di creare un sistema loro finalizzato all'accumulo di denaro da spendere.