Venezia 72 - Black Mass - L'Ultimo Gangster, la recensione
Atteso come l'incrocio tra pubblico e critica, Black Mass rischia di mettere d'accordo tutti al ribasso con la sua determinazione a non fare nessuna scelta
Lungo tutto il film si assiste alla vita di Bulger, alla maniera in cui ha gestito il potere e il rapporto con John Connolly, l'amico d'infanzia diventato agente dell'FBI al quale si associa. Quello interpretato (con pochissima voglia) da Johnny Depp è un mafioso cattivo ma mai pauroso, anche quando il film vorrebbe che lo fosse, ridicolo ma mai macchiettistico, temuto ma non è mai chiaro perchè vista la personalità incolore.
A lungo si ha la sensazione che servirebbe una scelta decisa perchè il tono distaccato e imparziale di Cooper è via via sempre meno efficace. Alla distanza che si intuisce l'autore vorrebbe avere si sostituisce una specie di ignavia autoriale. Black Mass racconta una storia dotata essa stessa di una personalità debole, e non avendo narrative in grado di supplire stufa, ben presto.
La prerogativa dello spettatore è quella di avere già delle aspettative "di genere" (cioè desiderare una ripetizione degli elementi che già ama in un certo genere di film) e quella degli autori dovrebbe essere quella di spiazzare, scoprire strada nuove o anche solo applicare uno stile che dia un senso a luoghi comuni filmici abusati. In Black Mass purtroppo però non c'è nè la volontà di compiacere il pubblico con la ripetizione nè quella di inseguire una strada personale. Incapace di ideare anche solo un momento, un'immagine o un dialogo che riescano a segnare la storia, Cooper realizza il più scialbo tra i film formalmente corretti che si possano immaginare.