Venezia 72 - 11 minuti, la recensione
Cinema da anni '90, in cui la decostruzione delle storie è l'unico stimolo, 11 minuti gira totalmente a vuoto e cerca un senso con un finale a sorpresa
È un'idea vecchissima, il film che ha una particolare costruzione temporale e che afferma l'influenza involontaria che ognuno ha nelle vite degli altri, una trama che non è tale resa film dal suo essere presentata con questa decostruzione. Senza dire dell'intreccio finale (di una povertà immaginativa sconvolgente), Skolimowski realizza un film vuoto e riempito d'aria.
Eppure questa costruzione non è niente se non artificio, sono carte mescolate per farle sembrare più animate di quel che non siano se viste in ordine, sono insostenibili bozzetti che un finale pretenzioso e pomposo vorrebbe elevare a paradigma. Con un rimedio drastico Skolimowski pretende di creare senso facendo in realtà solo sensazione e per giunta in extremis, senza aver costruito niente. Addirittura una metafora stantia come quella del pixel morto sullo schermo di un monitor di videosorveglianza alla fine avrà l'ultima inquadratura. Pietra tombale su qualsiasi possibilità di stimare, prendere sul serio o apprezza questo film d'aria fritta.