Venezia 71 - Words With Gods, la recensione

Words With Gods è il film collettivo voluto da Guillermo Arriaga a tema religioso e spirituale. Un viaggio nel nostro mondo. Di De La Iglesia il corto migliore

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Arriva il film a episodi voluto e coordinato dal Guillermo Arriaga un tempo scriba attento agli incidenti automobilistici (una sua ossessione) e al dolore universale nelle prime regie di Alejandro González Iñárritu, ex amicone ora autore dell'apertura del Concorso di Venezia 71 sulle catastrofi "egologiche" Birdman. Stavolta Arriaga torna global come il suo copione più noto Babel e quindi ecco Words With Gods, pellicola che viaggia attraverso riflessioni spirituali dall'Iran all'India, passando per Spagna, Brasile, Giappone, l'ex Jugoslavia dello scorbutico Emir Kusturica e i territori infernali dell'eterna guerra tra israeliani e palestinesi del dolente piano sequenza firmato Amos Gitai.
L'operazione è meritoria e sincera. Non ne abbiamo alcun dubbio. Bello rivedere all'opera anche grandi veterani come Hector Babenco, alle prese con barboni che giocano a calcio nei cimiteri per inseguire fantasmi bambini del passato.

Mira Nair riflette sulle contraddizioni tra nuova India e vecchia India in occasione di un matrimonio tra due famiglie come ai tempi del suo sorprendente Leone d'Oro Monsoon Wedding, l'australiano Warwick Thornton segue passo passo un avventuroso parto in mezzo al deserto mentre Bahman Ghobadi ci regala l'episodio forse più surreale e intelligente raccontando la vita faticosa di due fratelli siamesi diversissimi (un ateo, uno fanatico religioso) in Kurdistan. C'è anche molto humour.
La medaglia d'oro va però senza dubbio ad Álex de la Iglesia, regista di un vero e proprio capolavoro che fonde action movie, commedia e noir.
Un sicario scampato per miracolo a un conflitto a fuoco viene scambiato da un tassista di Barcellona mezzo scemo per un prete con tanto di richiesta di estrema unzione per il padre ormai morente. Ne nascerà una sequenza irresistibile di equivoci che non impedirà al corto di diventare anche estremamente profondo pur mantenendo una gioia pura per l'intrattenimento cinematografico.

Lo stesso non possiamo dire dell'episodio firmato dal capo dell'operazione. Nel corto di Arriaga pioverà sangue dal cielo... e basta. Una bella metafora visiva (anche se fin troppo plateale) tirata troppo per le lunghe.

Ma sappiamo che la sottigliezza non ha mai fatto per il nostro energumeno della sofferenza autoriale.

Comunque un buon film collettivo.

Non è mai facile andare oltre l'apparenza in questo tipo di operazioni cinematografiche.

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