Venezia 71 - La trattativa, la recensione

Nel ricostruire la trattativa stato-mafia Sabina Guzzanti non sfrutta mai il cinema (nè di finzione nè di inchiesta) ma affianca fatti a supposizioni

Critico e giornalista cinematografico


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L'errore più grosso nel quale si corre il rischio di incappare guardando La trattativa è quello di scambiare il contenuto con il contenitore. Sabina Guzzanti mette in scena la grande ricostruzione della trattativa stato-mafia ricorrendo a pochi filmati di repertorio e molta messa in scena (con attori e Daniele Ciprì a fotografare), mescola dichiaratamente ciò che è acclarato, perchè agli atti dei processi o confessato da pentiti o ancora ammesso davanti alla videocamera, con ciò che è mera supposizione. Di sicuro la regista si premura di differenziare bene ciò che è supposto da ciò che è verità ufficiale, lo stesso l'impressione è che questa mescolanza non giovi.

Il contenuto è dunque per buona parte una ricostruzione non sempre convincente (terribile la scrittura delle parti di finzione) di ciò che chi segue la questione già sa, nulla di nuovo. È una cavalcata che per il proprio carattere dà l'impressione dell'atto d'inchiesta, ma si tratta di un contenuto come già detto ampiamente noto, mentre il suo contenitore (il documentario) non fa nulla per conferirgli valore aggiunto. Tralasciando le parti in cui Sabina Guzzanti si avventura nel territorio dell'opinione personale e della supposizione non provata (non è un documentario d'inchiesta, non fornisce prove nè usa interviste inchiodanti, illustra solo delle tesi) il fatto di aver usato gli strumenti del cinema documentaristico contemporaneo, quello che fonde realtà e finzione, non si sente mai.

In parole povere La trattativa è un brutto film con un contenuto spesso esatto e preciso, altre volte aleatorio. Non ha le caratteristiche del buon film di finzione (gli attori coinvolti recitano peggio del loro solito) nè ha quelle del buon documentario (la narrazione è confusa e non sempre condotta con un filo rosso evidente ma mescolando tante inchieste, verità e problematiche differenti sotto il medesimo vago ombrello di "mafia").

Si può essere molto daccordo, parzialmente daccordo o in totale disaccordo con il punto di vista di Sabina Guzzanti ma difficilmente questo film riuscirà a suscitare una riflessione più acuta sul tema che non sia quella derivante dall'esposizione dei fatti e delle teorie, difficilmente l'aver messo in mezzo il linguaggio del cinema si potrà dire che abbia aggiunto qualcosa di significativo.

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