Venezia 71 - La trattativa, la recensione
Nel ricostruire la trattativa stato-mafia Sabina Guzzanti non sfrutta mai il cinema (nè di finzione nè di inchiesta) ma affianca fatti a supposizioni
Il contenuto è dunque per buona parte una ricostruzione non sempre convincente (terribile la scrittura delle parti di finzione) di ciò che chi segue la questione già sa, nulla di nuovo. È una cavalcata che per il proprio carattere dà l'impressione dell'atto d'inchiesta, ma si tratta di un contenuto come già detto ampiamente noto, mentre il suo contenitore (il documentario) non fa nulla per conferirgli valore aggiunto. Tralasciando le parti in cui Sabina Guzzanti si avventura nel territorio dell'opinione personale e della supposizione non provata (non è un documentario d'inchiesta, non fornisce prove nè usa interviste inchiodanti, illustra solo delle tesi) il fatto di aver usato gli strumenti del cinema documentaristico contemporaneo, quello che fonde realtà e finzione, non si sente mai.
Si può essere molto daccordo, parzialmente daccordo o in totale disaccordo con il punto di vista di Sabina Guzzanti ma difficilmente questo film riuscirà a suscitare una riflessione più acuta sul tema che non sia quella derivante dall'esposizione dei fatti e delle teorie, difficilmente l'aver messo in mezzo il linguaggio del cinema si potrà dire che abbia aggiunto qualcosa di significativo.