C'è un uomo disperato al centro di
The Humbling.
Al Pacino è un attore che non sa più recitare (nel film, nella vita vera semplicemente sembra andargli meno), ritiratosi dalle scene e senza niente nella vita privata, lo viene a trovare la nuova vicina che era anche la vecchia vicina (da bambina) una ragazza di 30 anni carina, un po' innamorata di lui (fin da quand'era piccola) e lesbica. Ma per lui fa un'eccezione. Parte una storia d'amore difficile e grottesca che risolleva l'attore ma forse anche no, che lo fiacca con una dipendenza da un essere mutevole e insoddisfatto, lo tempesta di dubbi e non fa che enfatizzarne la ridicolaggine.
È un continuo di cadute, botte in testa, brutte figure ed equivoci a discapito del protagonista, un disperato che cita Shakespeare con l'aura e la voce di Pacino, vecchietto ingobbito che cammina a fatica e si muove con dolore in una commedia sulla terza età dal respiro del cinema d'autore. Slapstick con acciacchi. Non basta Pacino clown nè Greta Gerwig (una delle attrici più peculiari emerse negli ultimi anni), non bastano gli equivoci e nemmeno un finale metaforico, altisonante, strombazzato e clamoroso a rendere The Humbling il film tra vita, arte e poesia che vorrebbe essere. Il vecchietto di Pacino non è la figura paradigmatica che vorrebbe essere, non ha il carattere distrutto e romantico che vorrebbe, è solo un personaggio comico non troppo riuscito.
C'è tutta la spocchia del cinema indipendente americano in questo film, la voglia di ammantarsi di un'aura intellettuale senza avere la volontà, la forza e l'abnegazione di perseguirla seriamente, di essere davvero complesso ed elevato di avere quell'audacia stilistica e narrativa (ma anche solo il fiato necessario ad una maratona di gran tecnica) che potrebbe rendere sorprendente e rinfrescante il film. Così com'è
The Humbling è un piccolo film di grandi pretese, poesia per chi vuole intrattenimento serio ma senza la minima voglia d'impegnarsi.