Venezia 71 - The golden era, la recensione
Un filmone storico di quasi 3 ore che non molla un colpo e riesce a coinvolgere nella storia della vita di Xiao Hong. The golden era è uno dei migliori biopic di sempre
La vita di Xiao Hong, pilastro della letteratura cinese del novecento morta a 31 anni (lo scopriamo fin dalla prima scena), ricostruita cronologicamente e con inserti di "racconto" da parte dei protagonisti. L'impianto della storia infatti mescola il canonico con lo sperimentale, un po' vediamo gli eventi un po' sentiamo le voci dei personaggi che, intervistati come fosse un documentario, guardano in macchina e raccontano quel che sanno e pensano agli spettatori ma con una dolcezza e un'abilità narrativa che impressionano. Come se avesse lasciato ad amici e conoscenti il compito di narrare quel pezzo di vita che hanno condiviso con la protagonista Ann Hui si avvicina alla versione più compiuta di una biografia melodrammatica.
Aiutata da una vita effettivamente clamorosa (una volta tanto) la regista mette in scena la passione e il calvario di uno dei più grandi talenti grezzi dell'arte. Anche chi non sa nulla su Xiao Hong intuisce una forza e una vitalità che poco hanno di accademico e molto di spontaneo.
Se nel grande affresco The golden era si muove benissimo è chiaramente nelle minuzie che trova il suo terreno d'elezione. É nel rapporto con gli attori (tutti bravissimi, misurati e dotati di una lieve umanità, piena di pudore e sentimento) che si esalta il film, nella concezione di una visione romantica complicatissima, mai tarata sulle convenzioni dell'emotività ma anzi determinata a trasmettere una vita e una serie di passioni contraddittorie, difficili e non concilianti. Xiao Hong è insomma ben lungi dall'essere un'eroina romantica canonica, non ama con difficoltà nè ha emozioni chiare ma Ann Hui rende il coacervo interiore che motiva le sue azioni in maniera perfetta, alle volte con uno sguardo in camera o un gesto.