Venezia 71 - Tales, la recensione
Le Tales del titolo sono quelle dei personaggi dei film precedenti del regista, riprese e seguite a piccoli tutte incrociate tra loro
Il film quindi cammina come uno zoppo, è una torta in cui un morso già è stato dato ed è indubbio che questo sia un elemento di fascino del racconto. Abbiamo l'impressione di entrare in storie in corso, di cui sappiamo poco ma quel che vediamo, il piccolo intreccio che ci viene proposto, è alle volte sufficientemente avvincente. In sostanza: ci si può appassionare a storie già iniziate senza averne il background? Vedendo Tales si dovrebbe rispondere "a volte". Non tutto infatti nel film è davvero convincente, non tutto quadra e gira per il verso giusto. Molto ricorda l'andamento di Una separazione (film fondamentale per il cinema iraniano già dopo pochi anni dalla sua uscita) e quel modo di tenere l'Iran sullo sfondo mettendo in contrasto i personaggi e molto come sempre gira intorno alle difficoltà di vivere e lavorare in un paese con una simile dittatura. Temi necessari, lo si comprende bene, ma che è difficile trattare con un occhio nuovo e rendere continuamente appassionanti.
Un ragazzo e una ragazza in macchina, lui guida lei è dietro. Battibeccano su mille futilità, sembrano odiarsi con cortesia, si reggono poco ma si conoscono da tempo e lei in particolare lo provoca su tutto con grande acidità fino a che non viene rivelata una motivazione sentimentale alla base di tutto e da lì ancora un paio di colpi di scena svelano una dolcezza che commuove in meno di 10 minuti. Senza questa chiusa non avrebbe meritato l'applauso.