Venezia 71 - Sivas, la recensione 2

Bambini coriacei e cani combattenti in una parola per nulla conciliante, lontanissima dal cinema di cani e bimbi. Sivas è un film sul carattere e sulla forza

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

C'è un bambino di meno di dieci anni al centro di Sivas, un motore potentissimo e inarrestabile, tenace e coriaceo. Dalla sua forza e dal dinamismo che mette in moto con la sua ostinazione, il suo caratteraccio e l'attaccamento ad un cane da combattimento, viene tutta l'attrattiva di Sivas. Perchè per altri versi la storia sarebbe molto semplice, si tratta della parabola del cane del titolo, abbandonato dopo una sconfitta, recuperato e messo in sesto dal bambino fino al ritorno ai combattimenti per terminare con un interrogativo sul futuro. Invece, animata dalla potenza di Dogan Izci, la storia si apre e diventa un racconto morale sulla forza.

Il contrasto tra un bambino piccoletto e un feroce cane muscolosissimo (bellissimi i combattimenti tra cani, coreografie corredate da un sound design perfetto, usato solo per rendere l'impatto la furia, il pericolo e il terrore) è la discrasia che muove tutto, su quel disequilibrio si gioca il fascino deforme del film. Non siamo dalle parti del cinema conciliatorio di bimbi e cani proprio perchè nonostante i due stringano un rapporto solido e sentimentale, a livello visivo la minaccia è sempre imminente.
Eppure quella forza che il cane dimostra unicamente in combattimento, massacrando ed essendo massacrato, il bambino la dimostra in tutto il resto della sua vita, lottando come un ossesso contro genitori, nonni ed adulti in genere, affermando se stesso a suon di gesti eclatanti e sassi lanciati, andandosi anche ad accaparrare la parte nella recita per stare vicino alla bambina che gli piace.

Con grande intelligenza Kaan Müjdeci non prende mai posizione, nemmeno sui temi sui quali sarebbe più facile e scontato (addirittura anche il combattimento illegale tra cani non è mai condannato, nè a parole nè con lo sguardo), dimostrando un coraggio e una voglia di non cavalcare i sentimenti più semplici ma di cercare le relazioni più profonde che non possono che destare stima.

Cosa rimane di tutta questa forza esibita? Questo carattere tenace, questa violenza in paesaggi desolati, nei quali si può anche non vedere forma di vita a perdita d'occhio sono manifestazioni quasi divine, come appartenenti ad un'altra civiltà.

Sivas non è un film sulla Turchia, non è un film sui cani, nè uno sull'infanzia. Sivas è un film sul carattere.

Continua a leggere su BadTaste