Venezia 71 - Sivas, la recensione
Arriva il film che divide del Concorso: Sivas, esordio del turco Kaan Müjdeci sulla grande amicizia tra un bambino e un cane
Chi applaude, chi fischia, un signore che urla qualcosa allo schermo e poi lascia la sala.
E' arrivato il film scandalo?
Sicuramente è arrivato un gran bel film turco, ennesima prova dopo la Palma d'Oro al Nuri Bilge Ceylan di Winter Sleep che da quelle parti c'è un bel fermento cinematografico. Müjdeci è un regista al primo lungometraggio e già sceglie di scalare una montagna alta come l'Everest.
"Mai fare un film con un cane e un bambino” diceva un certo Billy Wilder.
E Müjdeci che fa? Un debutto tutto incentrato... su un cane e un bambino.
Il bambino è Aslan, turbolento undicenne di un paesino di campagna turco seguito da una macchina da presa che per stargli dietro deve correre di qua e di là come fanno i fratelli Dardenne.
Molto bella l'idea di far quasi sentire il fiatone della regia per riuscire a catturare il nervoso dinamismo del nostro piccolo eroe.
Aslan è innamorato di una bambina che forse non se lo fila, marina la scuola peggio di Antoine Doinel di Truffaut (il ragazzino immagine della Mostra 2014 è più simile ad Aslan che non al protagonista de I 400 colpi), viene abbandonato all'improvviso dagli amichetti mentre gioca a nascondino (scena geniale) e dice parolacce a non finire perché l'unico che parla con lui è un fratello molto più grande scurrile, dolce ma mezzo scemo.
Mamma e papà? Una severità più assente che pressante. Il padre poi sembra vecchissimo. Forse la nascita di Aslan... non era stata pianificata.
Tra una passeggiata nervosa e l'altra per i campi e le pianure di una Turchia orientale di rara tristezza paesaggistica, Aslan incontrerà Sivas, cagnaccio da combattimento che il nostro recupera da un match in cui il quattrozampe ci stava quasi rimettendo il pelo.
Comincerà a quel punto un'avventura tra versione canina di Rocky e contraltare bestiale di Belle & Sebastiane in cui Aslan e Sivas parteciperanno a combattimenti clandestini alla Amores Perros (terribili a vedersi) con il nostro piccolo "parolacciaro" dallo sguardo torvo costretto ad abbandonare l'infanzia (la bambina che ama, la scuola che odia, gli amichetti che frequenta) per entrare in un mondo di adulti che puzza un'animalesca adrenalina che non si può mandare via spruzzando un deodorante in macchina.
Sia Sivas che Aslan potrebbero finire vittime di capi del villaggio intenti a lucrare spregevolmente su quell'amore speciale ("Questo cane combatte per Aslan!" capiscono subito gli adulti) tra il bambino e il cane che presto diventerà strumento letale durante i match di Sivas (Aslan zompetterà attorno al ring incitandolo più di quanto faccia Mickey con Balboa in Rocky).
Gli "stadi" si faranno sempre più grandi (da una pianura sgraziata a una cava stipata di omaccioni simile alle arene dei gladiatori), i feticci del successo faranno la loro comparsa (Sivas indosserà un collarone sgargiante con su scritto il suo nome) ma forse, per i nostri due amici, l'innocenza sarà perduta per sempre.
Come puoi non amare alla follia questa coppia?
Come fai a non soffrire per quello che sembra un destino sempre più segnato?
Aslan forse dovrà ancora metabolizzarlo ben oltre i titoli di coda mentre Sivas, con un primo piano straziante in quella macchina che puzza di adrenalina, dimostrerà forse di averlo in fondo sempre saputo che sarebbe andata a finire così.
Gli esseri umani, si sa, sono brutte bestie.
Notevole esordio e un bel "cane da pelare" per la Giuria vista la delicatezza del tema.