Venezia 71 - Olive Kitteridge, la recensione

Presentata al Festival di Venezia, Olive Kitteridge tratta con delicatezza la semplice vita di una donna difficile

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Sono passati pochi giorni da quando Lars von Trier, in occasione della presentazione di Nymphomaniac al Festival di Venezia, ha annunciato di essere al lavoro su una serie tv sconvolgente e innovativa, The house that Jack built. La notizia si inserisce perfettamente in un momento storico che vede i confini tra tv e cinema assottigliarsi sempre di più. Con reciproco beneficio, c'è da dire, almeno vedendo prodotti come Olive Kitteridge, miniserie in 4 episodi prodotta dalla HBO e diretta da Lisa Cholodenko (I ragazzi stanno bene). La genesi del progetto risale a cinque anni fa, quando Frances McDormand acquisì i diritti dell'omonimo romanzo di Elizabeth Strout, vincitore del Premio Pulitzer nel 2009.

La storia si articola lungo un periodo di 25 anni, durante i quali seguiamo l'evolversi-involversi della vita di Olive Kitteridge (interpretata, appunto, da un'ispiratissima McDormand), scontrosa insegnante di matematica di una cittadina nel Maine. Attorno a lei orbitano altre vite e altre storie: c'è il farmacista Henry (Richard Jenkins), tenero e amorevole marito di Olive, da lei contraccambiato in silenzio, senza mai un cenno di tenerezza; c'è Christopher (John Gallagher Jr), figlio della coppia, il cui conflittuale rapporto con la madre inciderà pesantemente sul futuro di entrambi; c'è Jim O'Casey (Peter Mullan), collega di Olive e suo potenziale amante. Tutti accomunati dall'impossibilità di stabilire una relazione soddisfacente con la scontrosa maestra, segnata da  un passato che l'ha portata a seppellire tutte le emozioni, a reprimere gioie e dolori con l'illusione di poter restare immune alla vita.

La tragedia di Olive è fatta di minuscole fratture quotidiane, coperte da una maschera di fredda insensibilità. Il suo è un dolore silenzioso e inespresso, la sua battaglia ha come nemici gli spettri del suo passato e i complessi del suo presente. Nel dar corpo alla fragilità stizzosa e apparentemente misantropa di Olive, McDormand tocca vertici interpretativi che, già da soli, garantirebbero alla miniserie una dignità in tutto e per tutto pari a quella del grande cinema. Se a ciò aggiungiamo un cast di comprimari di comprovato talento e una scrittura che tratta il dramma della depressione senza mai scivolare nella comodità dei luoghi comuni, il risultato non può che essere eccellente. Lisa Cholodenko ha dato una coerenza interna ai quattro episodi, ciascuno incentrato su un avvenimento in qualche modo rilevante nella vita di Olive, legando ciò che nel romanzo di Elizabeth Strout veniva distrubuito in ben 13 racconti e riassumendolo in poco più di 230 minuti.

Vedere Olive Kitteridge presentato al Festival del Cinema più antico del mondo fa riflettere e, in questo caso, rincuora parecchio: dopo aver tanto insegnato alla televisione, è giunto il momento che il piccolo schermo restituisca il favore, (re)insegnando al cinema come la divisione tra piccole storie e grandi storie perda di significato in presenza di un autentico talento artistico.

Olive Kitteridge andrà in onda a gennaio su Sky Cinema, e sarà solo uno dei numerosi titoli HBO che la piattaforma satellitare proporrà su Sky Cinema e Sky Atlantic grazie all'accordo con il canale via cavo americano. In particolare, su Sky Cinema sono in arrivo anche The Normal Heart e Behind the Candelabra.

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