Venezia 71 - Senza nessuna pietà, la recensione
Un noir italiano non ben fatto ma che funziona. Senza nessuna pietà è un piccolo miracolo che vola sopra i suoi difetti grazie (una volta tanto) ai protagonisti e ad una trama archetipa infallibile
È Carlito's Way, in un certo senso, un noir in cui l'uomo perde la testa ma non cade nel crimine anzi vuole fuggire con una donna ma è anche di più (e di meno) al tempo stesso. Perchè prima di andare oltre (a me il film è piaciuto, c'è poco da dire) bisogna precisare che Senza nessuna pietà non è certo privo di problemi, difetti e intoppi. Anzi! In più di un caso sembra giocare contro se stesso e le sue buone idee, sembra non sfruttarle davvero e stentare moltissimo a creare quel fondamentale anelito di libertà e felicità e che dà tensione alla fuga. Se non vedo per i protagonisti un domani migliore insieme non starò con l'ansia che riescano a fuggire insieme e non sempre questo è reso a dovere, come non sempre l'etica e la morale (un tassello fondamentale dei film di crimine) sono sottili, ad esempio il dialogo finale con il boss Ninetto Davoli affossa ogni complessità fino a quel momento suggerita.
Come quando i due, braccati da tutti, finiscono al mare e si concedono un'assurda giornata di relax e bagni, come se ci trovassimo in Sonatine di Takeshi Kitano. Oppure quando Mimmo si confronta con i vecchi amici, ora inevitabilmente nemici incaricati di farlo fuori, sembra di essere davanti ad un polar francese in cui alla fine la cosa più importante di tutte è capire chi per amicizia è disposto a fregarsene delle barricate e chi no. Tutto questo sospinge Senza nessuna pietà oltre i suoi evidenti limiti (ma per carità ha anche dei pregi, come la ricerca di una fotografia di dettagli appiccicata agli attori e l'uso della tavolozza di colori giusta) e alla fine riesce a dire qualcosa sulla lotta di questo assurdo uomo semplice che si è ribellato senza nemmeno sapere perchè alla ricerca di non sa nemmeno lui bene cosa e che ora suo malgrado deve subirne le conseguenze.