Venezia 71 - Messi, la recensione [2]

La vita di Lionel Messi letta all'insegna della formazione di un campione e per la prima volta cercando di creare un mito, creare una narrazione intorno al campione

Critico e giornalista cinematografico


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Lionel Messi è uno dei più grandi campioni della storia del suo sport, ha vinto e conquistato tutto (mondiale escluso), ma gli manca una cosa: l'epica.

Messi è famosissimo ma non è nessuno, non è un personaggio, non ha una storia avvincente, non ha una narrazione alle sue spalle che ne sospinga le gesta. Alex de la Iglesia con questo documentario prova a dargliela, prova ad iniziare una narrazione di Messi che gli faccia fare il passaggio da storia a mito. E la mitologia del numero 10 del Barcellona non può che essere centrata sull'unica parte realmente drammaturgica della sua vita: la lotta per crescere e la forza dell'essere piccolo.

In un documentario dalla costruzione davvero originale (tutti i testimonial intervistati siedono a dei tavoli di un ristorante, i maestri dell'asilo tra loro, i compagni dell'infanzia tra loro, i giocatori del Barcellona tra loro, i dirigenti tra loro ecc. ecc.) e la videocamera inquadra le loro conversazioni in senso cronologico. Dove ci sono immagini si usa il repertorio (con una serie di video girati dal padre di Messi quand'era piccolo e giocava ai campetti che sono incredibili) altrimenti de la Iglesia gira delle scene ad hoc, con attori che interpretano i protagonisti, come fosse un biopic. Anzi come fosse un pessimo biopic di Canale 5 (chissà perchè un regista così bravo ha girato scene così brutte....).

Il cuore del racconto è come l'ambiente esterno abbia influenzato il calciatore rendendolo un campione, coltivandolo e aiutandolo a tutti i livelli (per l'appunto dagli amici delle elementari fino a Cruyff): "Chiunque abbia fatto parte della vita di Lionel Messi quando lo vede correre sa che una goccia di quel sudore è sua" afferma uno degli allenatori che l'hanno avuto da bambino.
Oscillando parti convenzionali ad altre ruffiane ad altre abbastanza cretine il documentario viaggia verso un gran finale, molto tecnico in cui l'atleta viene decostruito, in cui viene analizzato il suo stile e le sue peculiarietà con considerazioni finalmente pregnanti e in cui anche l'attacco al grande paragone (Maradona, il calciatore che più di tutti è dotato di quell'epica che Messi non ha) si risolve in pareri, opinioni e confronti sensati.

Così all'ultimo secondo de la Iglesia trova non solo una speculazione intellettuale sull'argomento più trattato del mondo che sia all'altezza del suo nome (incredibili le considerazioni di Cruyff e Menotti per pregnanza, proprietà di linguaggio e competenza), ma anche quel tipo di potenza che il cinema sportivo ha nei suoi exploit migliori. In sintesi Messi nonostante appaia una fredda dissezione a tratti e una smielata fiction ad altri, grazie all'uso dei video dei goal (niente di più banale) crea quel passaggio tra rappresentazione di un'azione o una carriera e trasfigurazione nella lotta eterna dell'essere umano contro il proprio fisico per raggiungere un obiettivo apparentemente impossibile.

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