Venezia 71 - Giulio Andreotti. Il cinema visto da vicino, la recensione
Un fenomenale saggio di storia dell'industria italiana che risolve molte diatribe e spiana la strada per una nuova lettura di un pezzo fondamentale del nostro cinema
Sanguineti intervista tanto e a lungo Andreotti, si fa raccontare tutto e gli sottopone uno per uno moltissimi dei tagli effettuati dalla commissione censura nel periodo in cui la presiedeva (disponendo in alcuni casi anche delle parti tagliate desunte dalle versioni internazionali). Addirittura ha raccolto molte note scritte a mano dal giovane Andreotti per richiedere tagli e spiegare motivazioni e le usa per inchiodare con grande gentilezza e umorismo il suo autore. Nel fare questo trova in Andreotti sia conferma delle scelte effettuate che perplessità di fronte a tagli apparentemente inutili. Molto è spiegato con riferimenti ai tumulti dell'epoca (non c'è da essere daccordo o meno ma da comprendere) e molto altro con grande abilità di regista è indirettamente detto da Sanguineti che spesso indugia sulle parti in cui Andreotti racconta la propria formazione e la propria vita per sottolinearne l'aderenza a quella clericale. Siamo davanti ad laico formatosi come un prete.
Ma c'è anche qualcosa di più. Quel che si intuisce tra le righe è una visione del cinema italiano dell'epoca da parte di uno spettatore comune chiamato a decisioni non comuni, un racconto di quegli anni che in certi momenti è privo di prospettiva storica, come se fosse fatto non oggi ma direttamente nel periodo a cui fa riferimento.