Venezia 69: The Iceman, la recensione

Michael Shannon dimostra ancora una volta la sua mostruosa bravura interpretando uno dei killer più violenti della storia degli USA...

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I film sui serial killer sono un grande classico della cinematografia. Con Hannibal Lecter e Il Silenzio degli innocenti, poi, l’idea di farli dal punto di vista dell’assassino è diventata una pratica sempre più interessante. Da dove nasce il male? E’ in qualche modo giustificabile?

The Iceman racconta la storia di Richard Kuklinski, uno dei più efferati killer della storia degli Stati Uniti, con un curriculum che parla di più di cento omicidi. In realtà il suo era un lavoro su commissione, sicario al servizio di varie bande italomafiose che si servivano della sua freddezza per vari incarichi “eliminatori”, ma il suo volere spesso arricchire le esecuzioni di dettagli oltremodo sadici e gratuiti gli hanno regalato l’appellativo di serial killer.

Per raccontare la sua storia Ariel Vromen e il suo team di sceneggiatori si sono basati sul libro The Iceman: the True Story of a Cold-Blooded Killer scritto da Anthony Bruno, invece che seguire l’autobiografico Confessions of a Mafia Contract Killer che lo stesso Kuklinski firmò assieme a Philip Carlo mentre era detenuto in carcere in attesa di testimoninare contro alcuni dei suoi ex datori di lavoro.

Su quest’altro libro era attesa la realizzazione di un film con Mickey Rourke protagonista e produttore (fu annunciato a Toronto nel 2010) di cui però tuttora non se ne sa nulla. Forse bruciati sul tempo, il primo film su Iceman a venire alla luce è questo lungometraggio con Michael Shannon protagonista. Molto è stato semplificato rispetto agli eventi reali, non solo sono stati cambiati i nomi di alcune delle persone che gli gravitavano incontro, ma lo stesso Iceman è reso più “accettabile”. E’ una persona inquietante e violenta, ma non lo si vede mai picchiare la moglie (come invece accadde) o assumere atteggiamenti sadici davanti alle vittime. Alla fine si fa persino il tifo per lui.

Un film è un film e non per forza deve avere legami con la realtà, ma se si finisce mostrando le foto del vero Kuklinski, si può semplificare qualcosa, non quasi tutto. Ciò non toglie che il film di Vromen funzioni come dramma-thiller, abbia una sceneggiatura abbastanza tirata e riesca a caricare tutto il lungometraggio di una latente tensione che spesso esplode senza mai risultare telefonata o banale. Sia chiaro, nulla di eccezionale a parte il "solito" Michael Shannon (i ruoli sopra le righe senza dubbio gli donan), ma più che passabile e alla fin fine anche interessante...

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