Venezia 69: The Iceman, la recensione
Michael Shannon dimostra ancora una volta la sua mostruosa bravura interpretando uno dei killer più violenti della storia degli USA...
I film sui serial killer sono un grande classico della cinematografia. Con Hannibal Lecter e Il Silenzio degli innocenti, poi, l’idea di farli dal punto di vista dell’assassino è diventata una pratica sempre più interessante. Da dove nasce il male? E’ in qualche modo giustificabile?
Per raccontare la sua storia Ariel Vromen e il suo team di sceneggiatori si sono basati sul libro The Iceman: the True Story of a Cold-Blooded Killer scritto da Anthony Bruno, invece che seguire l’autobiografico Confessions of a Mafia Contract Killer che lo stesso Kuklinski firmò assieme a Philip Carlo mentre era detenuto in carcere in attesa di testimoninare contro alcuni dei suoi ex datori di lavoro.
Un film è un film e non per forza deve avere legami con la realtà, ma se si finisce mostrando le foto del vero Kuklinski, si può semplificare qualcosa, non quasi tutto. Ciò non toglie che il film di Vromen funzioni come dramma-thiller, abbia una sceneggiatura abbastanza tirata e riesca a caricare tutto il lungometraggio di una latente tensione che spesso esplode senza mai risultare telefonata o banale. Sia chiaro, nulla di eccezionale a parte il "solito" Michael Shannon (i ruoli sopra le righe senza dubbio gli donan), ma più che passabile e alla fin fine anche interessante...