Venezia 69: At Any Price, la recensione
Presentato oggi al Festival At Any Price di Ramin Bahrani, un film solido e ben articolato trainato dalla performance di un Dennis Quaid eccezionale...
Il popolarissimo critico cinematografico Roger Ebert ha definito nel 2009 Ramin Bahrani come “il regista americano del futuro”, confermando quanto già scritto dalla rivista Screen nel 2006.
Il rischio di bruciarsi era alto, oltretutto alla luce del fatto che in fase di casting siano stati scegli due attori più che mai dal richiamo “glamourous” come Zac Efron e Dennis Quaid. Il risultato? Apprezzaibile, non eccezionale, ma sicuramente di livello.
Quello di Quaid è un personaggio pieno di zone grigie, antipatico, un po’ stupido, ma al contempo capace di suscitare dolcezza ed un pizzico di compatimento. E’ un uomo di quelli che il cinema non racconta quasi mai, non almeno mettendoli al centro del tutto. Nel suo percorso narrativo non vive nessuna redenzione, ma continua dritto per la sua strada senza trarre nessuna lezione mentre alle sue spalle cresce un figlio forse più in gamba, ma senza dubbio anche lui non puro, anzi, proprio il suo ingresso ufficiale nel mondo “imprenditoriale” avviene dopo essersi sporcato le mani.
Bahrani lascia che siano i personaggi a trainare il film e fa della storia di questa riconciliazione filiale il pretesto per raccontare un business (quello del grano) e una parte di provincia americana (l’Iowa dei proprietari terrieri di oggi) poco indagata dal cinema contemporaneo. Sono poche le semplificazioni, c’è qualche elemento che sembra un po’ forzato (per replicare concettualmente il percorso di tuo padre non devi per forza anche condivdere la sua stessa amante), ma in generale At Any Price risulta un bel dramma familiare.
L’ultima considerazione è da dedicare a Zac Efron, bravo e convincente, nei limiti del suo personaggio, ben più di quanto abbia mai fatto prima.