Venezia 67 - Vallanzasca, la recensione

Venezia 2010:  La vita del celebre bandito milanese Renato Vallanzasca, tra rapine efferate e prigione. Un'idea di cinema internazionale, ma anche diversi difetti...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Vallanzasca
RegiaMichele PlacidoCast
Kim Rossi Stuart, Valeria Solarino, Filippo Timi, Francesco Scianna, Moritz Bleibtreu
uscita21-01-2011 

C'era grande curiosita' per il ritorno di Michele Placido a Venezia. In effetti, l'anno scorso la presentazione de Il grande sogno non era stata accolta bene e in questo senso la volontà del regista di tornare al lido ha stupito molti.

Va detto subito che con Vallanzasca, così come avvenuto con Romanzo Criminale, Placido riesce a dar vita a un prodotto tecnicamente valido e che può essere esportabile anche all'estero. Data la media dei prodotti italiani visti finora a Venezia, è già un risultato importante.

Purtroppo, la pellicola presenta troppi problemi per strappare un giudizio veramente positivo. Fin dall'inizio, non si rimane convinti della malinconia che traspare nelle scene dell'adolescenza di Renatino, francamente poco efficaci (e discutibili) anche per colpa del rallenti.

In effetti, per i primi venti minuti si teme il peggio, anche per una serie di scene madri eccessive e che non hanno una continuità efficace, dovendo trattare diversi anni di storia in pochi minuti. Poi però lentamente il livello diventa accettabile, con poche vette, ma senza cadute rovinose.

Il grosso dubbio che viene, assistendo al film, è se Vallanzasca meriti veramente una pellicola tutta per lui. A forza di vedere una banda di incapaci (altro che gli uomini di livello di cui parlava il protagonista) e una serie di colpi strampalati, non è chiaro cosa dovrebbe esserci di interessante. Forse una chiave possibile sarebbe stata quella di renderla una commedia dell'assurdo, considerando che i diversi momenti brillanti funzionano, ma è una strada poco battuta.

Kim Rossi Stuart se la cava, riuscendo a calarsi bene in un personaggio non facile. Ma è proprio il ritratto del protagonista a lasciare perplessi. A tratti sembra un feroce criminale, in altri momenti (soprattutto nella seconda parte) sembra un boyscout tenerone. Diciamo che manca molto l'efficacia dei membri della banda della Magliana, soprattutto perchè qui mancano altri personaggi di livello.

I comprimari vanno e vengono senza grande continuità, che si tratti di ladri, di donne amate o di parenti, in particolare il personaggio di Paz Vega (scelta poco comprensibile, visto che costringe a un doppiaggio non perfetto).

Insomma, difficile appassionarsi veramente a questo film. Ma anche impossibile disprezzarlo e non apprezzare il suo tentativo di fare un cinema diverso dalla media italica..

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