Vendicami - La recensione

Un ex poliziotto vuole vendicarsi degli uomini che hanno sterminato la sua famiglia. Johnnie To cita Jean-Pierre Melville, ma senza creare una storia e dei personaggi all'altezza del maestro...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Vendicami
RegiaJohnnie To
Cast
Johnny Hallyday, Sylvie Testud,    Anthony Wong Chau-Sang,    Ka Tung Lam, Suet Lam, Simon Yam
uscita30 aprile 2010 

Ci sono delle pellicole che automaticamente ti dovrebbero piacere. Chi scrive ritiene che Jean-Pierre Melville abbia fatto alcuni dei film più importanti e belli della storia del cinema. E' facile ricordare classici polar come Lo spione, Tutte le ore feriscono, l'ultima uccide! e Frank Costello, faccia d'angelo. D'altronde, se magari questi titoli non vi dicono nulla, considerate che sono stati un'ispirazione fondamentale per cineasti come John Woo (The Killer), Wong Kar Wai (As Tears Go By), Michael Mann (Heat - la sfida) e Quentin Tarantino (Le iene).

Ma forse il suo capolavoro è stato L'armata degli eroi, secco (ma alla fine emozionantissimo) racconto sulla resistenza francese, da vedere rigorosamente in edizione originale (anche perché dura quaranta minuti in più). Insomma, dopo questa presentazione, è ovvio che per Vendicami di Johnnie To, in cui il personaggio principale si chiama Francis Costello (ed è interpretato da un'icona francese come Johnny Hallyday, che banalmente potremmo definire il Celentano di Francia), non ci saranno dubbi nel fatto che mi piacerà, giusto?

Sbagliato e di brutto. Il problema è semplice. Il regista prende alcune delle tematiche più importanti del cinema di Melville, come l'amicizia virile, il senso dell'onore, una missione da portare avanti a tutti i costi e un certo sentimentalismo. Ma alla fine dà vita solo alla pallida ombra di quei film, perché non riesce a creare una vicenda e dei protagonisti che risultino credibili ed empatici.

Iniziamo dal protagonista, Johnny Hallyday. E' difficile credere anche per soli due minuti che possa essere un killer spietato ed efficacissimo, ma soprattutto non riesce a offrire l'ampia gamma di emozioni che dovrebbe comunicare un uomo che ha visto la sua vita distrutta. Se poi per trasmettere qualcosa l'unico modo è un dolly mentre il personaggio si mette a pregare, stiamo freschi.

E dire che la pellicola ha un inizio efficacissimo e con un montaggio da manuale, ma poi si trasforma in un lavoro eccessivo e assolutamente incredibile, con dei killer (che dovrebbero essere dei fenomeni) che pensano bene di uscire da una stanza d'albergo in cui hanno compiuto un duplice omicidio con la pistola in mano. Certo, si potrà anche dire che il rapporto tra Hallyday e la banda dei tre è originale. In effetti, è vero, ma nel senso che iniziare tutto con una questione economica svilisce il messaggio che dovrebbe portare la pellicola (e successivamente la loro amicizia risulta inspiegabile e non approfondita).

E dopo un'ora è ormai chiaro che di idee ce ne sono poche e che quelle 4-5 vengono dilatate all'inverosimile (penso soprattutto a un sopralluogo nella dimora in cui tutto è iniziato). Non è neanche questione di ralenti (che ci sono, anche se decisamente fuori tempo massimo rispetto ai momenti migliori di John Woo), ma è proprio l'idea di allungare tutto per arrivare ai 108 minuti di durata (troppi e inutili).

Ciliegina sulla torta, non contento di parodiare (perché questo è il risultato finale, purtroppo) Jean-Pierre Melville, To scopiazza in maniera eccessiva anche Memento. Si arriva così a un finale talmente delirante da essere inqualificabile, anche perché non fa neanche ridere. Adesso (dopo aver visto diversi film della selezione) capisco perché i colleghi erano così critici verso il concorso di Cannes dell'anno scorso. Ed è veramente difficile capire come sia stato accettato questo titolo...

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