Veloce come il Vento, la recensione
Uomini danneggiati, macchine potenti, ragazze che si prendono sulle spalle il ruolo dell'eroe d'azione: Veloce come il Vento non è perfetto ma avercene!
C’è subito alla radice di quest’idea il concetto vincente di Rocky. Non tanto “la seconda occasione” quanto la lotta di un uomo contro il proprio corpo, combattere un fisico non adatto allo scopo attraverso una volontà di ferro e contro ogni avversità. Quest’idea è esposta benissimo da Stefano Accorsi e il suo fratello maggiore drogato, emaciato in volto, capelli sporchi, denti marci ed espressione da sinapsi bruciate (peccato per il fisico troppo palestrato, ma non si può avere tutto) eppure a tratti dotato di lampi di vera esperienza, illuminazioni di grandezza solo quando si parla di auto. Dall’altra parte Giulia (Matilda De Angelis), la vera corridrice, la protagonista dei training montage, quella che in effetti (inizialmente) sembra sia il corpo da migliorare, funziona invece come la testa pensante e il cuore del film, quella che nonostante l’aria torva abbocca a tutto e crede a quello a cui gli altri non credono. Insieme quel cuore e quel corpo, indubbiamente, funzionano. Forse proprio perché nessuno dei due ha una testa.
Ma sarebbe fin troppo scemo e miope guardare il bicchiere mezzo vuoto e non vedere invece che questo di Matteo Rovere è un film di corse italiano da applaudire, probabilmente il migliore che abbiamo mai girato. Non solo perché porta a casa alla grande il risultato con scene di automobilismo di tutto rispetto, una credibilità al di là delle aspettative e un autentico coinvolgimento in quel che racconta, ma soprattutto perché nel raccontare questa storia non rincorre stupidi intellettualismi come molto cinema italiano fa quando affronta il genere (cosa che quasi sempre si risolve in trovate banali da 4 soldi e nemmeno goduriose), ma ha la consapevolezza di dover lavorare sull’eccitazione dell’azione, sul piacere del guardare e far guardare il movimento, sulla carica del desiderio di rivincita e la vertigine della vittoria. Che poi è il bello di andare al cinema e vedere un film.