La Vedova Winchester, la recensione
Perfetto nella dimensione horror e molto furbo nel cercare di presentarsi come un contenuto politico, La Vedova Winchester riesce comunque a soddisfare
C’è un fascino horror fantastico in questi lavori di costruzione continui, operai pagati per battere e costruire giorno e notte, senza sosta mai, in una specie di maledizione infernale che costringe la casa ad ampliarsi e ampliare anche la sua maledizione. E non meraviglia che venga dai fratelli Spierig capaci con Daybreakers e Predestination di costruire piccoli mondi affascinanti che parlano da soli.
Tutto è ovviamente legato ai ben noti fucili, e più si amplia la casa più continua l’opera di morte in giro per il mondo dei fucili, più la storia della vedova Winchester si tinge d’horror. A scoprirlo è un dottore inviato a stabilire la sanità mentale della vedova da parte del consiglio d’amministrazione della società. Non troppo velatamente gli viene richiesto di dichiararla matta.
La Vedova Winchester è un film di impennate sonore e botti usati per mettere paura, che tuttavia sa affiancare a questi anche delle improvvise comparizioni nell’immagine che sono più originali della media, un horror in cui invece di scappare dalla minaccia i protagonisti imbastiscono con loro un paradossale scontro (quasi) alla pari. Un film di possessione casalinga abbastanza ordinario negli esiti, nonostante le sue molte idee intelligenti, che trova nella presenza della Winchester e nel discorso sull’uso delle armi una spinta politica tanto evidente quanto scolastica (ma indubbiamente funzionale alla “promozione” del film da serie B a serie A necessaria visto il cast).