La nostra recensione di Vangelo secondo Maria, presentato al Torino Film Festival 2023
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Non mi voglio sposare" dice, nella seconda scena di
Vangelo secondo Maria, la giovane protagonista alla madre, e già da questa semplice battuta, pronunciata e ripetuta con enfasi dai personaggi, si intuisce dove andrà a parare la storia. La sua famiglia si impegna per combinarne il matrimonio con un uomo ricco, ma lei fa di tutto per evitarlo, fino a quando viene data a Giuseppe (Alessandro Gassmann), che decide di diventare il suo maestro. Diretto da Paolo Zucca, il film racconta le vicende di una Maria ancora ragazzina (Benedetta Porcaroli), dandone la sua "versione" di fatti noti, fino all'annuncio dell'Arcangelo Gabriele di essere incinta di Gesù.
Due sono le coordinate su cui si muove l'operazione. La prima è mostrare una Maria diversa dall'idea più diffusa, di donna dedita alla preghiera e fedele a Dio. Piuttosto, qui è giovane indisciplinata che sfida le autorità famigliari e religiose, proclamando l'importanza dell'istruzione e il desiderio di scegliere da sé il proprio destino. Sarà poi anche la stessa immacolata concezione a essere vista da una prospettiva inedita, come un figlio non voluto e un ruolo di "serva" che lei non accetta. A questo si lega il presentare un contesto del passato con chiari rimandi al presente, in uno smaccato manifesto femminista. Lo rivelano la frase riportata in apertura, e poi tante altre simile che infarciscono i dialoghi della prima parte, alcuni dei quali finiscono per dare l'impressione di essere stati inseriti apposta per parlare allo spettatore ("Cosa hai da guardare?" dice a un certo punto Maria a un ragazzo che la fissa, senza che il passaggio sia influente per l'intreccio). Inevitabile il rimando al recente C'è ancora Domani (in entrambi c'è dietro Vision), il cui confronto rende facile capire cosa non funzioni in Vangelo secondo Maria.
Se infatti Paola Cortellesi ricorre all'arma della commedia e a una messa in scena peculiare, Paolo Zucca si adagia invece su una piatta regia da film per la televisione e applica una serietà che rivela la programmaticità dell'operazione nel portare avanti il suo discorso, che non riguarda solo la protagonista. Basta infatti l'arrivo di un
Esseno, accolto senza problemi in casa da Giuseppe, a essere immediato rimando alla questione dei migranti. A subirne il contraccolpo è soprattutto la dimensione narrativa del film, tra un manicheismo delle forze in campo (una società patriarcale avvelenata a cui fa da contrasto un Giuseppe buono e giusto) e alcuni personaggi appena abbozzati (una fugace apparizione di Erode, con un Maurizio Lombardi in overacting che sfiora il ridicolo involontario). Così anche quando la storia arriva al suo fulcro (la relazione tra Maria e Giuseppe), si preferisce spiegare tutto a parole con una ridondante voice over piuttosto che fare parlare le immagini, far passare un concetto, piuttosto che costruire personaggi complessi e una storia coinvolgente. Non aiuta infine la prova di Porcaroli, convincente quando si tratta di far emergere l'animo giovanile e indisciplinato del suo personaggio, molto meno quando tramite quest'ultimo la si rende portavoce di istanze dalla valenza universale.