Dopo quattro, lunghi anni di sviluppo,
Vane, avventura esplorativa tanto attesa, è giunta in esclusiva su
PlayStation 4, grazie al meticoloso lavoro portato avanti dalla software house indie nipponica
Friend & Foe. Spalanca le porte sul suo deserto ricco di rovine, esplorabile assumendo sembianze differenti, e di conseguenza con possibilità e punti di vista molto diversi. Talvolta ci caleremo nelle piume di un uccello, talvolta vestiremo le spoglie di una ragazzina, liberi di svolazzare per il mondo di gioco così come di attraversare rovine arcane. Un’analogia banalizzante sarebbe quella con l’abilità
“occhio dell’aquila” degli ultimi capitoli di
Assassin’s Creed, poiché qui l’esperienza è molto più profonda. In un equilibrio a metà tra l’ingenuità e l’aridità della morte, rappresentate dai due protagonisti, la metamorfosi diventa chiaramente il
fil rouge del gioco: non sarà solo il nostro personaggio giocabile a cambiare, ma anche l’ambientazione muterà e si evolverà al suo passaggio, dando vita a un mondo di segreti tutti da decifrare.
[caption id="attachment_192704" align="aligncenter" width="1920"] La direzione artistica è pienamente apprezzabile[/caption]
Il gioco è suddiviso in prologo e quattro atti, ciascuno dei quali sembra essere una tappa significativa dell’esistenza umana: dal dolore e la paura di un temporale, alla totale solitudine e sterilità del deserto, passando per una caverna e uscendo in una città, fino alla torre finale, in una sorta di rievocazione della Divina Commedia dantesca, da un punto di vista simbolico. Con Vane, il team di sviluppo ha voluto enfatizzare atmosfera e stato d’animo: è immediato il paragone con titoli come Journey e Ico, ma il risultato è qualcosa di un po’ più inquietante, sorprendente e primitivo. Non a caso alcuni dei membri di Friend & Foe sono vecchi discepoli del maestro Fumito Ueda e provengono da Team Ico, concretizzando la sua lezione in un’avventura interattiva ed evocativa sul fronte visivo e concettuale.
"La meccanica primaria del gioco è la trasformazione, grazie alla quale impareremo man mano a bilanciare i due diversi punti di vista, con relativi pro e contro e con la possibilità di cambiare forma diverse volte durante l’avventura"La meccanica primaria del gioco è la trasformazione, grazie alla quale impareremo man mano a bilanciare i due diversi punti di vista, con relativi pro e contro e con la possibilità di cambiare forma diverse volte durante l’avventura. Proprio il gameplay dà prova di alcuni nei, come la presenza di alcuni bug e instabilità nell’inquadratura della telecamera, in particolare in fase di volo, oltre che qualche altra difficoltà di posizionamento della visuale mentre si compiono movimenti veloci. Un aspetto un po’ più grezzo che rischia di stonare, ma fino a un certo punto; come in
Journey, la storia di
Vane è narrata attraverso la direzione artistica, la grafica e il senso della vista sono assolutamente in primo piano, una priorità assoluta ma godibile per poco tempo: il gioco non è molto longevo, nonostante le molteplici variabili. Dunque bastano tra le tre e le cinque ore, con l’accompagnamento di una colonna sonora che sa anche suggerire indizi importantissimi nell'ambientazione, oppure semplicemente creare armonia ed empatia con il protagonista, seguendo le evoluzioni della narrazione e del vissuto dei personaggi durante il viaggio.
[caption id="attachment_192705" align="aligncenter" width="1920"] La trasformazione in uccello porta occasionali problemi di telecamera[/caption]
Si può affermare senza ombra di dubbio che Vane non porti con sé assoluta originalità, ma sa rendere il gameplay più difficile e meno immediato di quanto si possa pensare, a volte mettendo a dura prova la pazienza del giocatore. Nonostante le sporcature tecniche e la grafica talvolta decisamente troppo ridotta all’osso, rimane un’esperienza incentrata sul connubio di musiche e emozioni molto stimolante , abbastanza valida da meritare una possibilità, non abbastanza forse da ritenerla come imperdibile.