Vampire in the Garden: la recensione

Con Vampire in the Garden, WIT Studio parla di amore e guerra, mettendoci di fronte a un poco originale messaggio di diversità

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Vampire in the Garden la recensione, disponibile su Netflix

Vampire in the Garden esce quest'oggi su Netflix, in un momento storico adeguato in cui parlare di guerra e diversità è all'ordine del giorno. La nuova opera animata nasce dalla collaborazione tra WIT Studio e Netflix, portando sulla piattaforma tutti e cinque gli episodi che danno vita alla storia di Momo e Fine. Quello di Vampire in the Garden è un messaggio efficace, anche se sa di già visto, e richiede poco meno di due ore e mezza per essere completamente digerito.
Un po' thriller, un po' Romeo e Giulietta, questa mini-serie scritta e diretta da Ryota Makihara e Tetsuya Nishihara racchiude un sotto testo evidente contro ogni conflitto, in cui le due protagoniste si immergono spesso al fianco dello spettatore.

Vampire in the Garden: la trama

Sulla Terra di Vampire in the Garden è in corso un violento conflitto tra gli umani e i vampiri, ognuno dei quali è disposto a tutto pur di sottomettere ed eliminare la fazione opposta. Gli umani hanno vietato ogni tipo di musica, per non attrarre i nemici, mentre i vampiri cercano di tutto per ottenere del nuovo sangue con cui nutrirsi, spingendosi perfino ad aver inventato una droga speciale capace di renderli dei mostri irriconoscibili (e portarli comunque alla morte dopo l'utilizzo).

Momo, la figlia del generale degli umani, è stufa di questa vita reclusa e senza suoni, e decide di scappare. Incontrerà Fine, la futura regina dei Vampiri, che per un motivo misterioso, non beve più sangue umano. Dopo un iniziale dissapore, che porterà le due a fuggire insieme, Momo e Fine decideranno di cercare il cosiddetto Paradiso, un luogo leggendario in cui si dice che vampiri e umani vivano in pace e serenità. Ovviamente nessuna delle due fazioni è intenzionata a far raggiungere alle protagoniste il loro obiettivo, inseguendole per tutta la nazione.

vampire in the garden

Seppur appartenenti alle due razze opposte, Momo e Fine sono due spiriti affini, entrambe desiderose di libertà e di amore. Legheranno quasi da subito grazie alla musica, forza portante che le avvicinerà drasticamente nel corso del loro viaggio. Un viaggio che però metterà in risalto anche le loro differenze, e la violenza di un mondo che non vuole essere curato. Il paradiso esiste? O è l'ennesima leggenda che porterà a un alimentazione del conflitto?

Una miniserie che poteva essere un film

La vicenda narrata da Ryota Makihara e Tetsuya Nishihara ha un ottimo ritmo, e si conclude con un finale agrodolce che condanna la paura del diverso. L'amore tra Momo e Fine non è mai fisico, né romantico nel vero senso della parola, ma è un affetto causato dalla capacità delle due di capire i desideri e i voleri dell'altra. La ricerca della libertà della coppia si scontra con l'oppressione delle due fazioni rivali, ognuna convinta di fare del bene. Una storia classica, che riscrive anche il mito del vampiro, cambiandone alcune caratteristiche e mantenendone salde altre.

Vampire in the Garden avrebbe funzionato anche come lungometraggio, ma forse, la scelta di dividerla in episodi e renderla una miniserie ha permesso a WIT Studio e a Netflix di renderla interessante anche per un pubblico più ampio. Il comparto grafico di WIT Studio si attesta sugli standard delle ultime produzioni, con grande cura nelle animazioni di combattimenti e interazioni umane e un po' meno riguardo per gli sfondi, spesso abbozzati o ripetuti. Lato audio segnalo un problema di mixaggio nel doppiaggio italiano, con alcuni dialoghi che si ritrovano sovrastati dalla colonna sonora della produzione, problema che non ho invece riscontrato in originale.

Pur comunicando un messaggio che sa più volte di già visto, Vampire in the Garden è una serie piacevole con cui intrattenersi durante un week-end, capace di raccontare conflitti attuali pur utilizzando un pretesto fantasy.

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