Vacanze di Natale a Cortina - la recensione

Anche quest'anno come ogni anno. Preparate i sacchi, le picche e le barionette, le sale stanno per essere invase da spettatori non ortodossi...

Critico e giornalista cinematografico


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C'è un che di caldo e accogliente in questo ritorno del cinepanettone a Cortina e alle atmosfere di contrasto di classe (ovviamente attutito) tra alto borghesi e piccolo borghesi, un che di rassicurante e quasi nostalgico. Come tornare a Cortina dopo anni in cui non ci vai, come rivedere un vecchio film dei fratelli Vanzina.

Si ritrovano moltissimi elementi immutati come la commedia giocata sulle corna, gli amori fuggevoli (dei più giovani che si riflettono in quelli degli adulti), i caratteristi dai tic estremi, riferimenti all'attualità fatti solo a parole ("Facebook!", "Papi!", "Pattinson!") i doppiatori che doppiano gli italiani e gag slapstick. Molto altro però non c'è più. Sono scomparse le docce, le tette, le scorregge, la cacca, le pernacchie, gli omosessuali macchietta e Christian De Sica che di colpo si trova nudo davanti ad una signora anziana.

In realtà questi elementi non scompaiono con questo cinepanettone della controriforma, sono anni (da quando Boldi ha lasciato) che lentamente il film di Natale De Laurentiis rafforza la componente desichiana, quella più di dialogo e meno di gag, cercando inoltre di smarcarsi dalle volgarità più smaccate (rimangono solo quelle più sottili e striscianti).

Inaspettatamente il film ne giova non tanto nei contenuti quanto nella forma. La solita struttura corale fatta di molti personaggi in molti episodi ha un ritmo più serrato e le gag si susseguono senza introduzioni o chiuse. Insomma si va sempre dritti al sodo e nonostante i consueti momenti romantici estremamente fuori luogo (per quanto poco sono credibili e scarsamente vengono costruiti lungo il film), si nota una certa accelerazione di ritmo come già in Natale a New York. La vera riconquista sembrano però essere i caratteristi. Infatti della scrittura vanziniana, che torna dopo quasi 11 anni di assenza, il guadagno maggiore è l'uso di attori locali per le gag secondarie. Beneficio dovuto di certo anche del ritorno ad un Natale in patria.

Detto questo rimane poco altro. Chi non ama questo genere di film non li andrà mai a vedere, chi li ama o li ritiene un rituale annuale lo farà con o senza la benedizione dei media, perchè alla fine il mutamento del cinepanettone è una lenta transizione in atto da anni, tutta finalizzata a cambiare perchè nulla cambi, sia al boxoffice che nel film. Meno volgarità, meno isteria, meno urla e più atteggiamento compassato borghese. Uguali a sempre le percentuali di divertimento e quelle di fastidio. Forse è davvero un rituale collettivo cui partecipano sia gli spettatori che gli odiatori.

La cosa più intollerabile di tutte? La trascuratezza. Anche questa volta, come sempre, i raccordi di montaggio sballati, gli sfondi in CG stonati, le controfigure che non somigliano agli attori e i doppiaggi a tirar via sono la vera componente inspiegabile e urticante di film dagli ottimi incassi e ottimi budget. Un segno d'arroganza come pochi altri.

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