Utopia 2x05/2x06: la recensione
Finale al di sotto delle aspettative, ma Utopia rimane un cult da recuperare
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Il senso di stordimento di tutti i protagonisti della storia all'epilogo stagionale è anche il nostro. In questi due ultimi episodi il piano del Network ha rivelato falle e segreti, mancanze e sorprese, e non sono state poche le vittime da entrambe le parti. Innanzitutto l'ennesimo gioco al ribaltamento delle prospettive e dei personaggi, che è sembrato essere una costante quest'anno, con i buoni che "osano" sempre più, e i "cattivi" che perdono quell'aura di segretezza e invincibilità, finendo vittime della loro stessa trappola. Si perdono le tonalità di giallo più chiare o più scure che avevamo visto nella prima stagione, e su tutti i personaggi, carnefici e prede, cade lo stesso timore verso l'ignoto. La Milner su tutti, che ha riallacciato bene il suo percorso umano alla storia di origini raccontata nella première, soccombendo in qualche modo alla propria ossessione.
Il resto è coerente con il biglietto da visita che la serie ha presentato fin dalla sua prima puntata. Quell'assenza di moralismi e quel politicamente scorretto tipicamente british (che forse anche per questo stona con la componente drammatica dei personaggi) che ancora viene ribadito in un crudele monologo che apre l'ultimo episodio. E quindi l'impianto tematico di ispirazione malthusiana su cui tutto è calato, quello del problema delle risorse planetarie, dell'adattamento forzato, del sacrificio di alcuni per il bene di molti. E ancora quel borsone giallo con la tracolla nera che pare sorridere ricordandoci lo smile di Watchmen di Alan Moore, riferimento tematico e per certi versi narrativo di Utopia. La colonna sonora e soprattutto l'estetica particolarissima rimangono poi un marchio di fabbrica immediatamente riconoscibile, e non è poco.