Utopia 2x03/2x04: la recensione
Il terzo e il quarto episodio di Utopia, e la serie già prepara il finale
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Innanzitutto, il prologo del terzo e quarto episodio. Sempre fulminante, sorprendente e cattivissimo. L'atto dell'omicidio dissacrato e banalizzato nel primo caso, caricatissimo e agghiacciante nel secondo. La solita giostra di colori saturi e impossibili che lascia il posto ad un cupo massacro nel quale è impossibile trovare un senso. Da un evento traumatico all'altro, senza possibilità di analizzare, senza necessità di analizzare, come in un fumetto senza didascalie nel quale si viene sballottati da una vignetta all'altra. Il finale ci corre incontro velocissimo, trent'anni di preparazione di un piano diabolico per salvare l'umanità da se stessa che vengono ricondotti al percorso, per certi versi fin troppo randomico, di alcuni appassionati di un fumetto precipitati in qualcosa più grande di loro.
Con un comparto visivo, e di personaggi, così eccessivo, forse non si riesce a giocare pienamente con i caratteri più normali di Ian, Becky e Grant e con l'effetto straniante di vederli calati in un contesto simile. La storia intanto va avanti, e in fretta, con una Milner sempre più umanizzata – è stato fondamentale il flashback della premiere – e con la certezza di trovarsi di fronte al caos controllato di una scrittura che potenzialmente non risparmia niente e nessuno, che osa al pari della regia e della fotografia (le dominanti che cambiano secondo gli ambienti), che, più banalmente, dà l'impressione che gli autori si divertano da matti a costruire situazioni e contesto (nell'ultimo episodio c'è una scena esilarante con un traduttore). Sempre da citare poi il lavoro sulla colonna sonora, davvero di un certo livello. Utopia, per noi, è già iconico.