Upload (seconda stagione): la recensione
Upload torna su Prime con la seconda stagione, riprendendo il discorso esattamente da dove l’aveva lasciato: la nostra recensione
Con Upload ci eravamo lasciati a maggio 2020, quando ancora la pandemia era ai suoi esordi e non avevamo idea di quello che sarebbe successo da lì in poi. Al tempo la serie venne rinnovata per una seconda stagione nel giro di una settimana, ma per i motivi che potete immaginare abbiamo dovuto aspettare due anni per vedere finalmente i frutti di quel successo immediato. Ne è valsa la pena? Considerato che la prima stagione della serie creata da Greg Daniels si concludeva con un gigantesco cliffhanger e senza risolvere nessuno dei tanti archi narrativi che apriva, la risposta è già a prescindere “sì”, perché Nathan, Nora, Ingrid e compagnia meritavano di vedere la fine dei loro rispettivi percorsi. Ora che la seconda stagione l’abbiamo vista possiamo ribadire con ancora più convinzione quel “sì” – con il caveat che se la prima stagione vi era sembrata incompleta, questa seconda vi manderà definitivamente fuori di testa.
La stagione 2 di Upload lascia gli spettatori in sospeso
La “colpa” principale di questa seconda stagione di Upload (guarda il trailer) è la sua estrema brevità – “colpa” è tra virgolette perché sappiamo bene cos’è successo negli ultimi tre anni e quali siano le cause dietro alla scelta di girare 7 episodi invece dei 10 della prima stagione. Resta il fatto che la serie mantiene lo stesso ritmo e anche la stessa macro-struttura orizzontale della prima stagione (un paio di episodi introduttivi, un colpo di scena, un po’ di detection prima dell’azione vera) ma lo fa con un’ora e mezza in meno a disposizione; e quindi la narrazione viene naturalmente troncata (e quasi stroncata) proprio quando le cose si fanno interessanti: ci si ritrova alla fine del settimo episodio pensando “chissà quante cose succederanno nei prossimi tre”, poi ci si rende conto che ci sarà ancora da aspettare un po’ per scoprirle.
I punti di forza della serie Amazon
Ma siamo partiti dalla fine, e con decisamente troppo pessimismo. Perché al di là delle considerazioni sulla sua natura incompleta (che potrebbe essere anche un modo per assicurarsi almeno una terza stagione), Upload si conferma una delle serie più divertenti in circolazione, una delle più intelligenti e soprattutto una delle più originali. È difficile dire a cosa assomigli Upload, forse il riferimento più immediato è a un’altra “comedy che non lo era” come The Good Place, con la quale condivide il gusto per il surreale, un certo sottotesto macabro ben mascherato da colori e battute, e l’ambientazione, diciamo così, extraterrestre. Rispetto al capolavoro di Michael Schur Upload si tiene però a un braccio e mezzo di distanza dalle tentazioni filosofiche, che raramente diventano il fulcro del discorso e vengono lasciate sullo sfondo, e affidate più alla narrazione ambientale che a quella tradizionale.
Il cuore di Upload è così ancora una volta il triangolo tra un morto (Nathan), il suo angelo custode (Nora) e la sua innamoratissima fidanzata (Ingrid). In questo senso questa seconda stagione non fa nulla di radicalmente diverso dalla prima. Ovviamente inserisce nuovi elementi di disturbo nell’ingranaggio, e porta avanti i discorsi sull’amore o meno tra i tre che animavano la prima stagione. Ma alla base di tutto c’è sempre lo stesso meccanismo: uno scontro tra una storia d’amore sincera e proibita dalle leggi stesse che regolano l’esistenza e una talmente artificiale che… nulla, non stavamo dicendo nulla né spoilerando uno dei momenti migliori della stagione.
Quale sarà il futuro della serie?
È un po’ ingeneroso dipingere la seconda stagione di Upload come una semplice prosecuzione della prima. È chiaro che c’è l’intenzione, con il passare del tempo e il susseguirsi delle stagioni, di approfondire e rendere sempre più centrali tutti quei discorsi che finora sono rimasti sullo sfondo; è chiaro anche che c’è un piano a lungo termine che riguarda il lato più thriller della vicenda. È soprattutto l’introduzione dei cosiddetti “ludds”, i ludditi del futuro immaginato da Daniels, un gruppo di tecnofobi che rifiuta la dipendenza totale dalla tecnologia che caratterizza l’umanità pre-WALL•E della serie, ad aprire i primi spiragli verso un’evoluzione più ambiziosa del racconto.
Ora quindi Upload si trova di fronte a un bivio. Può continuare con questa formula un po’ democristiana, che funziona e strappa spesso una risata. Oppure può decidere di darsi definitivamente un tono, limare certi eccessi di caratterizzazione un po’ ridicoli e antiquati (Nathan continua a essere una specie di semidio del quale chiunque si innamora, mentre Ingrid fa ancora fatica a uscire dallo stereotipo della bionda scema ossessiva) e premere ancora di più l’acceleratore delle idee. Speriamo di non dover aspettare altri due anni per scoprire che direzione ha scelto.