Uomini di Dio - La recensione

Un gruppo di monaci si ritrova nell'Algeria colpita dal fondamentalismo islamico e deve prendere decisioni difficili. Il film di Beauvois, vincitore del Gran Premio della Giuria a Cannes, stupisce per la tensione pacata e per dei personaggi magnifici...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Uomini di Dio
RegiaXavier Beauvois
Cast
Lambert Wilson, Michael Lonsdale, Olivier Rabourdin, Philippe Laudenbach, Jacques HerlinUscita22-10-2010 

Lo ammetto, non avevo enormi aspettative per questo titolo. Il premio ottenuto a Cannes e l'ottimo riscontro conquistato in patria, più che rassicurarmi, mi facevano temere un film piuttosto didascalico e freddo, perfetto per essere incoronato in un Festival dalle scelte discutibili.

Invece, con mia sorpresa e soddisfazione, Uomini di Dio risulta una di quelle pellicole (sempre meno purtroppo) che crescono piano piano, sia durante la proiezione che successivamente. Si inizia con una citazione inquietante e premonitrice, che mostra fin da subito uno dei pregi della pellicola, ossia quello di creare una forte tensione con scene di vita quotidiana e momenti molto trattenuti. Sarebbe stato semplice puntare sull'enfasi e magari sul manicheismo, trovando parallelismi con i conflitti moderni a cui assistiamo da quasi un decennio. Ma il regista Xavier Beauvois tratta questa materia incandescente con un rigore e un'intelligenza ammirevoli.

E' così che si riesce a descrivere bene la situazione che vede protagonisti questi semplici monaci, che si ritrovano in mezzo a una guerra che certo non hanno contribuito a creare, considerando quanto invece siano stati artefici di un clima di integrazione e pace tra varie realtà religiose. E' così che una decisione (quella di restare nonostante i pericoli) che potrebbe sembrare folle viene analizzata in modo efficace e alla fine risulta quasi naturale. E nonostante non si punti certo sulla spettacolarizzazione, alcune scene (quella con l'elicottero, una con il protagonista da solo nel paesaggio e quella con Il lago dei cigni in sottofondo) sono difficili da dimenticare, così come la sequenza finale, assolutamente perfetta.

Inoltre, sarebbe semplice sottovalutare il lavoro di sceneggiatura, ma nel suo piccolo è un saggio di come descrivere i protagonisti sfruttando la loro vita quotidiana, senza scene didascaliche ed espositive. Magari, anche le semplici preghiere servono per scoprire i personaggi poco a poco e in maniera estremamente naturale, facendo capire cosa hanno abbandonato (tanto o poco che sia) in patria e quali sono le loro motivazioni. In tutto questo, non ci sono discorsi ampollosi che ci spiegano cosa pensare, ma questo non significa che il film non presenti un punto di vista forte. D'altronde, già il fatto che la violenza arrivi sempre all'improvviso e in maniera vigliacca chiarisce la posizione dei realizzatori più di 1.000 parole.

L'unica cosa che non mi convince è la versione italiana. Non si tratta di un brutto lavoro, ma semplicemente fa un effetto straniante questo continuo passaggio tra versione originale (quando i monaci pregano o i personaggi parlano arabo non vengono doppiati nella nostra lingua) e versione italiana. Il consiglio è, se possibile, di vedersi il film in originale. Peraltro, strano che la conclusione del film sia meno ambigua di quello che indica la didascalia sui titoli di coda. Comunque, film notevole e pellicola d'autore che merita i suoi successi...

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