Unprisoned (stagione 1), la recensione
Divertente nelle singole scene, confortante nell'orizzonte complessivo, Unprisoned brilla soprattutto grazie ai suoi due attori protagonisti
La nostra recensione delle stagione 1 di Unprisoned, disponibile su Disney+
Trama e personaggi di Unprisoned
La storia di Unprisoned inizia proprio quando Edwin, dopo aver scontato la sua lunga pena, ritorna finalmente in libertà. Desideroso di cercarsi una sistemazione e un lavoro, all'inizio è costretto ad affidarsi alla figlia Paige, che all'inizio non ne vuole sapere: da tempo ha rotto i legami col padre e si sente più in sintonia con i genitori adottivi con cui ha trascorso gran parte dell'infanzia. Superata l'iniziale riluttanza, accetta così di ospitarlo nella propria casa, dove vive con il figlio adolescente Finn (Faly Rakotohavana).
Una storia semplice e confortante
Ad essere vincenti in questa dimensione, sono soprattutto le interpretazioni dei due attori protagonisti. Kerry Washington, volto già noto al pubblico televisivo (vedi Scandal e Little Fires Everywhere) si cala qui in un personaggio diverso da quelli a cui ci ha abituato, riuscendo a delineare con convinzione le sfumature di una donna che, sotto la corazza, nasconde una grande crisi. Ma è soprattutto Delroy Lindo, che in molti ricorderanno per Da 5 Bloods, la vera sorpresa di Unprisoned: il suo Edwin è un personaggio tenero e amabile nonostante i difetti, per cui non si può non fare il tifo. Tra i due nascono diversi equivoci dai quali si creano siparietti comici ben congeniati, che da soli valgono la visione delle otto puntate dello show.
Mettendo inoltre al centro una terapista che ama dispensare consigli in rete, ma che avrà molto da imparare in prima persona, la serie offre tante piccole riflessioni sulla vita quotidiana, come l'importanza di accettare se stessi o il rifiuto della "normalità" di facciata. Lo fa nell'orizzonte sereno e rassicurante della comedy: siamo lontani dalla profondità che le questioni esistenziali raggiungono nella recente The Bear: qui tutto è volutamente all'acqua di rose, adatto a quella dimensione social che la protagonista stessa utilizza. Non per forza di cose un male, basta farselo bastare, chiudendo gli occhi davanti alla programmaticità con cui la storia asciuga tutti i conflitti prima ancora che possano scoppiare, smussa qualsiasi asperità, viaggia tranquilla verso una parabola di redenzione (per il padre) e di accettazione (per la figlia).