Un'ottima annata

Il popolare attore è sbarcato a Roma per presentare il suo nuovo film, diretto da Ridley Scott, che in originale si intitola A Good Year. Ma Crowe, in questa scanzonata commedia, non sembra perfettamente a suo agio…

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E’ incredibile pensare che, solo 5 anni fa, Russell Crowe sembrava veramente l’attore più eccitante del mondo. D’altronde, cosa dire di un interprete che in poco tempo aveva collezionato ruoli come quelli in L.A. Confidential, The Insider, Il Gladiatore, oltre a conquistare un meritatissimo premio Oscar (e sostanzialmente a perderne un altro per aver messo le mani addosso ad un regista televisivo…)? L’interprete australiano aveva tutte le qualità per essere il nuovo Marlon Brando: affascinante, bravissimo, in grado di cambiare pelle facilmente e decisamente sopra le righe. Cosa chiedere di più?

Eppure, qualcosa è andato storto. Un po’ per la pressione dei media, un po’ per certe sue scelte artistiche poco convincenti, Russell Crowe non solo non è più il divo di un tempo, ma sembra quasi diventato veleno al botteghino. La realtà non è sicuramente così triste, ma difficile pensare che il suo nuovo film, Un amore per caso (traduzione un po’ troppo romantica dell’originale A Good Year), risollevi la situazione.

Per carità, non si tratta di una pellicola orribile, anzi in diversi momenti si osserva con piacere. Ma il grosso problema di Un amore per caso è il fatto di raccontarci una storia vista e stravista diecimila volte, senza nessuna sorpresa. Il bastardo broker londinese rimarrà tale o capirà che nella vita i soldi non sono tutto? La misteriosa ragazza americana che fine farà? E il simpatico vignaiolo francese, riuscirà a conservare il suo lavoro? Se dopo dieci minuti di film non siete riusciti a rispondere a queste domande, probabilmente avete visto due pellicole in vita vostra.

D’accordo, l’originalità non è tutto, si può apprezzare anche un film che scopiazza a destra e manca, basta che sia efficace. Ma se alcune battute antipolitically correct non sono male, la visione dei diversi popoli è talvolta imbarazzante (gli stereotipi sugli americani che non capiscono il vino lasciamoli a Baricco, grazie). Così come l’ambiente finanziario sembra, più che una citazione di Wall Street di Oliver Stone, una parodia di quel film, per il modo fin troppo banale in cui vengono descritti i templi della borsa londinese.

Peraltro, la regia sembra aver visto troppi cortometraggi degli anni venti, per certe scelte decisamente azzardate e folli. Strano, perché nel film viene detto espressamente che “la cosa più importante della commedia è il timing”, ma non si può certo dire che Ridley Scott sia esperto della materia come di pellicole epiche e avventurose. E lo stesso si può dire di Russell Crowe, che ha un’aria un po’ troppo simpatica fin dall’inizio per interpretare degnamente il ruolo della ‘tenera canaglia’.

A tratti, ci sono dei momenti notevoli, come la partita a tennis che diventa quasi un match di pugilato. Ma l’impressione è che la carne al fuoco sia veramente eccessiva, tanto che alcune storie non vengono approfondite come meriterebbero (soprattutto per quanto riguarda la ragazza californiana).

Ma forse la delusione più forte è il vino. No, non quello prodotto nella tenuta di proprietà del personaggio principale, ma proprio il vino stesso. Che è soltanto un pretesto narrativo e che nella storia, a differenza di quello che si poteva pensare, ha un’importanza pressoché nulla, nonostante in conferenza stampa Crowe abbia parlato a lungo di questo argomento.

Insomma, Ridley Scott e Russell Crowe che fanno un film comico sul vino senza parlare di vino. Che abbiano tutti bevuto qualche bicchierino di troppo?

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