Uncanny Valley, l’orrore di chi lavora di notte - Recensione
Il piccolo survival horror di Cowardly Creations debutta su console: la recensione di Uncanny Valley
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Ciononostante, a Tom piace lavorare di notte. Forse primo segnale che qualcosa in lui non funzioni, ama crogiolarsi nel silenzio e nell’oscurità e recentemente ha accettato di buona lena il suo nuovo impiego come guardia di sorveglianza in un vecchio laboratorio immerso nel bosco, a poca distanza da un piccolissimo borgo sperduto e sommerso nella neve.
Uncanny Valley, come lascia intendere il titolo che rimanda alla teoria di Masahiro Mori sulla sensazione di familiarità e piacevolezza generata dalla visione e interazione con robot e automi, parla di una zona perturbante, di un lungo momento, che progressivamente si estende e si espande, in cui la ragione e la veglia lasciano il posto ad un sonno agitato, fatto di incubi dove oscure presenze cercano di braccare e sopraffare il nostro.
Del resto, ogni notte rispetta un canovaccio ben preciso che va a comporre il gameplay di questa avventura bidimensionale dalle tinte horror. Il turno di Tom dura all’incirca sette minuti, lasso di tempo in cui potrete esplorare (quasi) liberamente l’ambientazione composta dal laboratorio e dal circondario. Il gioco, questo il più grande limite e insieme fonte del suo potenziale, non vi fornisce obiettivi chiari e specifici. Non c’è nulla in particolare che spinga Tom a ficcare il naso ovunque. Non si aspetta di trovare risposte al suo disturbo, né tanto meno ha personali interessi a scoprire che tipo di esperimenti si tenessero all’interno della struttura.
Il videogiocatore, tuttavia, sarà spinto dalla sincera curiosità, dal forte bisogno di dare (di trovare a tutti i costi) un senso alle visioni del protagonista.
Armati di torcia, ci si imbatte nelle prime porte sbarrate, nei computer che necessitano di password, negli indizi che lasciano presupporre che qualche mistero irrisolto, in effetti, ci sia davvero.
[caption id="attachment_169773" align="aligncenter" width="600"] Tom non sarà completamente solo. Di tanto in tanto comparirà anche un suo collega e l’addetta alle pulizie.[/caption]
Ogni indagine viene bruscamente interrotta dalla fine del turno di guardia. Ogni tanto si ha la libertà di prolungarlo di una manciata di minuti, sino a quando il nostro non crollerà al suolo esausto, ma in generale vi converrà comunque ritornare nella sua camera, attraverso un lungo e noioso backtracking, luogo in cui si avvierà l’altra sezione di cui si compone il gameplay.
"Uncanny Valley pone quesiti, ma non fornisce risposte; lancia indizi, ma non mostra mai le prove; fa apparire i mostri, ma non permette di affrontarli, né di sconfiggerli."Sì, perché gli incubi non conoscono pausa e, una volta assopito, Tom ripiomba in uno scenario terrorizzante, nuovamente in fuga dalle oscure sagome che gli danno la caccia. Non c’è alcuna svolta verso l’action, beninteso. Si può fuggire, aspettando con il cuore in gola che suoni la sveglia, oppure ci si può arrendere, attendendo che i mostri lo raggiungano.
Uncanny Valley, difatti, pone il giocatore continuamente di fronte a scelte, bivi narrativi che influenzano l’andamento della trama e che conducono ad un diverso finale. Non ci sono i classici dialoghi a scelta multipla: saranno le vostre azioni a determinare il percorso, il destino del protagonista. La stessa esplorazione del laboratorio, a seconda delle chiavi e dei codici che recupererete, può svelare dettagli e condurvi in aree diverse, a seconda degli indizi raccolti.
Al di là della durata contenuta dell’avventura, tre ore sono più che sufficienti per giungere ai titoli di coda, anche alla seconda (terza e quarta) run sarete spettatori di momenti inediti, che vi forniranno nuovi pezzi di puzzle con cui cercare, a tutti i costi, di dare un senso agli incubi di Tom.
La vera forza di Uncanny Valley, a conti fatti, è proprio questa: farsi beffe della continua e maniacale ricerca della verità, arrivando quasi a ribaltare l’universale convenzione che ogni opera, sia essa un film o un videogioco per l’appunto, debba nascondere una chiave di lettura, oltre che prefissare degli scopi ben precisi ai protagonisti coinvolti.
[caption id="attachment_169772" align="aligncenter" width="600"] Non manca naturalmente un inventario che progressivamente si riempirà di oggetti che potrebbero tornarvi utili per risolvere qualche enigma.[/caption]
Proprio per questo, il titolo sviluppato da Cowardly Creations non è un gioco per tutti. Se l’art design, spiccatamente 16-bit, rimanda a quella che ormai può definirsi una consuetudine nell’ambito delle avventure horror, Home e Lone Survivor sono lì a testimoniarlo, se sin dai tempi di Silent Hill siamo abituati a trame criptiche e zeppe di omissioni, Uncanny Valley potrebbe indispettire quella fetta di videogiocatori che in assenza di obiettivi e missioni chiari sin da subito tendono a scoraggiarsi, a perdere interesse.
L’epopea di Tom è affascinante proprio perché pone quesiti, ma non fornisce risposte; lancia indizi, ma non mostra mai le prove; fa apparire i mostri, ma non permette di affrontarli, né di sconfiggerli. Il risultato è un’avventura, a tratti davvero terrificante, sorretta da una struttura certamente claudicante, incompleta, vagamente inconsistente. Eppure, se si è attratti all’idea di esplorare un mondo che vi lascia davvero liberi di agire, interpretare e scegliere, allora potreste trovare l’esperienza proposta da Cowardly Creations estremamente attraente.