Unbreakable Kimmy Schmidt (seconda stagione): la recensione

La nuova stagione di Unbreakable Kimmy Schmidt: la comedy Netflix si conferma per il secondo anno

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Torna, con i suoi coraggiosi abbinamenti rosa e le sue espressioni incomprensibili, la simpatica Kimmy Schmidt in quella che ad oggi è la comedy di stampo più tradizionale proposta da Netflix come contenuto originale. Lontano dagli accostamenti dramedy di altri progetti come Masters of None o Love, il progetto di Tina Fey che era approdato sulla piattaforma streaming dopo essere stato rifiutato dalla NBC continua a tener fede al suo stile. Uno stile fatto di colori sgargianti, situazioni eccessive, personaggi sopra le righe, uno stile che non riesce a trovare soddisfazione in un qualunque limite, ma è pronto a spingere l'asticella sempre un po' più in là. Chi ha amato la prima annata di Unbreakable Kimmy Schmidt non resterà deluso dal ritorno dello show.

Avevamo lasciato la nostra Kimmy (Ellie Kamper) a riprendere in mano la propria vita dopo essere stata liberata dal bunker nel quale un predicatore folle – difficile dimenticare la sorpresa quando l'anno scorso avevamo scoperto che ad interpretarlo era Jon Hamm – l'aveva rinchiusa insieme ad altre tre donne. Ancora una volta la ritroviamo "indistruttibile", un po' ingenua, ma incredibilmente appassionata in tutto ciò che fa, sia esso un lavoro in un negozio di articoli natalizi o un aiuto improvviso richiesto dai suoi altrettanto bizzarri amici. L'equilibrio tra la protagonista e personaggi secondari in grado di reggere autonomamente le proprie storie era una delle armi vincenti della serie, e quest'anno si è scelto di raddoppiare su questo elemento.

Ecco quindi che Titus Andromedon (Tituss Burgess) diventerà una specie di secondo protagonista, a più riprese al centro degli eventi della storia e, in generale, personaggio più divertente dello show. Maggiore respiro anche per Jacqueline White (Jane Krakowski), che lo scorso anno esisteva soprattutto in funzione di Kimmy e del suo impatto con un certo mondo, quello dell'alta società, e che invece nella seconda stagione avrà un percorso tutto suo, che la porterà a scoprire nuovi lati di se stessa. Completa il quadro Lillian Kaushtupper (Carol Kane), la squinternata proprietaria dell'appartamento di Kimmy e Titus, quest'anno impegnata in particolare contro la gentrificazione e il "detestabile miglioramento" che sta colpendo il suo quartiere (curioso come nelle ultime settimane anche Shameless abbia raccontato lo stesso tema).

Come lo scorso anno, Kimmy non è solo la ragazzina spaesata che non capisce le regole del mondo. Al contrario, spesso la risata scaturisce dal fatto che è proprio lei l'unica a poter decifrare le tante piccole follie della normalità messe in ridicolo. In questo senso la stagione è molto episodica e la trama orizzontale è ancora minore rispetto a quella dello scorso anno, che almeno aveva un arco narrativo compiuto nelle ultime puntate. Non che questo sia necessariamente un problema in una serie così. In ogni caso, arriveranno tra le altre la puntata sugli hipster, quella sugli stupidi talk show (c'è anche una certa guest star, e non sarà l'unica), quella sui farmaci prescritti con facilità ai bambini.

Lo stile, che non significa solo i dialoghi e le caratterizzazioni, è molto sopra le righe. Come lo scorso anno, potrebbe lasciare un po' storditi in principio, ma dopo qualche episodio – il binge watching serve anche a questo – ci si riabitua. Non si arriva mai alle splendide sperimentazioni metanarrative di Community, ma già il fatto che Tina Fey quest'anno si riservi un ruolo del tutto scollegato rispetto a quello che interpretava lo scorso anno dovrebbe dirla tutta sulla coerenza interna che la serie vuole perseguire. Effetti speciali (un fanatico del politicamente corretto che scompare nel nulla), numeri musicali, addirittura una sequenza di sguardi in camera a un certo punto, tutto questo fa parte della giostra comedy sulla quale saliamo per 13 episodi scorrevoli e divertenti a più riprese.

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