Unbreakable Kimmy Schmidt (quarta stagione, seconda parte): la recensione

Le nostre impressioni sulle ultime puntate di Unbreakable Kimmy Schmidt, la comedy di Netflix che si conclude con la quarta stagione

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È arrivato il momento di lasciar andare Kimmy Schmidt. L'abbiamo seguita dopo la sua uscita dal bunker nel quale era stata rinchiusa per anni, l'abbiamo vista cercare un posto in un mondo che non conosceva affatto, abbiamo riso della sua ingenuità e semplicità. Tutto questo arriva a conclusione nella seconda parte della quarta stagione di Unbreakable Kimmy Schmidt. Se già sulla prima parte di stagione era molto difficile sviluppare riflessioni inedite, questo secondo blocco di episodi è ancora più avaro di spunti. Ma la colpa non è della serie, che si mantiene sempre uguale a se stessa, quanto di una scelta di distribuzione da bocciare e che penalizza la fruizione dell'intera stagione.

In fondo qui si tratta di appena sei episodi conclusivi che chiudono il già debole intreccio e proiettano ogni personaggio verso il proprio finale. La comedy ideata da Tina Fey non ha mai avuto una trama orizzontale forte. Funziona più per grandi idee che assorbono come spugne temi e riferimenti all'attualità. Il tutto filtrato tramite il linguaggio folle dei personaggi e del loro mondo, spesso immune ad ogni razionalità. Qui ad esempio ci si aggancia al tema delle molestie sul posto di lavoro della prima parte di stagione. Viene citato espressamente Weinstein, c'è un pupazzo che molesta le persone, Jacqueline si lamenta perché gli uomini sono troppo impauriti nei tentativi di approccio.

Ma la serie non tratta mai un tema direttamente, o meglio non lo usa mai come spunto per rientrare negli schemi di una facile morale che porterà tutti i personaggi a imparare qualcosa. Il contesto del #MeToo, come tutto il resto, viene rappresentato in modo esasperato, ma nulla del messaggio viene perduto, proprio perché la serie sa bene che noi sappiamo di cosa si sta parlando. Ad esempio, c'è una storyline legata alle molestie che forse è la più divertente di queste sei puntate, e che vede Jon Bernthal nei panni di un personaggio che deve scoprire dei segreti su Titus (e sul fatto che Bernthal ovviamente è l'interprete del Punitore sempre su Netflix c'è un inside joke molto divertente).

Si tratta di una piccola storyline episodica come ce ne saranno ancora tante in questi ultimi sei episodi. Unbreakable Kimmy Schmidt non ha in fondo nessun cerchio da chiudere. Certo, Kimmy deve venire a patti con quanto le è accaduto nel bunker, imparare ad accettarlo, trasformare la rabbia in forza ed energia. Ma è un obiettivo che, a dire la verità, il personaggio ha già raggiunto da tempo. E ogni cenno alla questione, come un episodio speciale che è una variante sul tema di Sliding Doors, non farà che confermare questa idea. Allora tutto ciò che si può chiedere a questi ultimi velocissimi episodi della comedy Netflix è di regalare altri momenti in compagnia dei protagonisti. Fino al meritato lieto fine.

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