Una Vita Spericolata, la recensione

I protagonisti di Una Vita Spericolata vorrebbero essere quelli di Santa Maradona ma non è così

Critico e giornalista cinematografico


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A 17 anni da Santa Maradona, Marco Ponti torna lì. O almeno prova a tornare a quel film, aggiornandolo ma non troppo, cercando di rimettere in scena quel piglio, quei dialoghi e quello spirito cinico in una storia diversa per tempi diversi con personaggi diversi (ma non troppo) e un intreccio differente. Se in quel suo esordio nel lungo due ragazzi a Torino vivevano uno stallo professionale ed esistenziale, apatici, sfiduciatissimi verso il sistema, dediti ad una sorta di anarchismo soft e svogliato, apatico e d’opposizione al mainstream ovunque s’annidi, qui i suoi due amici sono degli ex del rally (pilota e navigatore) ora in cattive acque, che una serie di imprevisti intrecci rende rapinatori in fuga.

In realtà non hanno preso niente, gli è solo caduta una pistola in banca e tutti si sono spaventati, gli hanno dati i soldi e un ostaggio letteralmente gli si è buttata tra le braccia per sfruttare l’eco mediatico dell’evento. È il terzo angolo del trio, l’attricetta in cerca di luce nella fuga criminale. Come in Santa Maradona si rubacchiava e scappava da tutto come reazione, qui con 20 milioni nel bagagliaio i tre scappano per il paese distribuendoli a destra e manca e trovando solo approvazione per il loro involontario gesto di sfregio alle banche e per la loro lotta sregolata a tutto.

Chiamando in causa Bonnie e Clyde senza troppa ragione Una Vita Spericolata vorrebbe essere un manifesto di gioventù senza regole e senza prospettive molto ironico e autocommiserevole con stile, com’era Santa Maradona, ma stavolta (complice forse il tempo passato) sembra sbagliare tutto regolarmente come quel film stranamente azzeccava tutto, anche i suoi difetti. Una Vita Spericolata prende una parte molto più netta nelle diatribe che animano il paese perdendo subito quel connotato da “fuori da tutto” che aveva il film del 2001, e pur raccontando di ragazzi senza prospettive non riesce mai a dare l’idea che il loro atteggiamento sia il risultato del mondo che vivono e di come sono trattati. Ponti, che nei primi anni 2000 ha scritto alcuni dei migliori teen movie italiani, qui sbaglia proprio a calibrare quel tipo di spirito.

Fin qui i problemi di somiglianza ma anche considerando Una Vita Spericolata per quel che è ci sono dei problemi di ritmo difficili da superare. Il film è moscio, spezzettato e così denso di momenti riflessivi che mal si accoppiano con la sua vocazione in fuga, da lasciare lo spettatore smanioso di andare avanti. Inoltre le molte figure che orbitano intorno ai protagonisti sono un campionario di macchiette che non divertono. Commissari drogati e corrotti, un’entità violenta che rivuole i soldi (salta fuori che non erano della banca) ma che non è davvero violenta e un agente sfigato, detto semplicemente non fanno ridere nonostante lo vogliano moltissimo. Infine la parte che riguarda Matilda De Angelis, bambina prodigio in cerca di riflettori in un’era di social, non è mai in armonia con il resto del film, una carta matta che non si incastra bene e non ha il medesimo tono apatico e disilluso degli altri.

Passerella d’onore per il Bartolomeo Vanzetti di Santa Maradona, sempre interpretato da Libero Di Rienzo con la medesima aria stropicciata e camicie vivaci, oggi medico della scientifica dall’ironia intatta e la sciatteria immutata.

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