Una storia nera, la recensione
Ha ottime intenzioni Una storia nera ma nonostante momenti di buon cinema, rimane schiacciato da una missione che non si trasforma in film
La recensione di Una storia nera, il film di Leonardo D'agostini con Laetitia Casta, in sala dal 16 maggio
Non ci sono dubbi sul fatto che questa di Una storia nera sia il tipo di trama, di evento e di storia da raccontare oggi. Non che il cinema non lo abbia mai fatto, ma il film di Leonardo D’agostini ha il punto di vista giusto e nel finale un’ambiguità apprezzabile, una di quelle che non vogliono lasciare il pubblico con il sospetto che forse la protagonista non sia quello che crediamo, ma semmai lasciarlo con la certezza che le cose non sono mai nette, e il fatto che questa vicenda abbia un chiaro carnefice e una chiara vittima (con tutte le colpe da una parte sola, come forse accade solo al cinema) è vero anche se la vittima non è un personaggio idealizzato.
Leonardo D’Agostini riesce anche a mettere in scena bene le parti di processo (e non è facile dopo Anatomia di una caduta e Saint Omer), tese senza bisogno di qualcosa da scoprire ma solo per la maniera in cui è ritmata e raccontata la sequenza degli eventi, con una voce dimessa ma ferma. Lì Laetitia Casta fa un gran lavoro di minimalismo, quello che nel resto del film manca e anzi diventa massimalismo, quando cioè invece di fare molto con poco (limitare l’espressionismo e trovare lo stesso le intenzioni giuste) si fa pochissimo con un continuo e ossessivo riproporre il medesimo tono torvo. E mentre Licia Maglietta è libera di avere un personaggio più vitale, rimangono intrappolati in questa messa in scena Andrea Carpenzano, Cristiana Dell’Anna e Giordano De Plano, monodimensionali, a senso unico e mai plausibili.