Una sterminata domenica, la recensione | Festival di Venezia
Una sterminata domenica non è un racconto di padri e figli e di generazioni che si scontrano ma lo studio appassionato di questa adolescenza, più che ribelle quasi piratesca, animata con euforia e violenza dalla paura di essere invisibile nel presente e dimenticata nel futuro.
La recensione di Una sterminata domenica, presentato nella sezione Orizzonti al Festival di Venezia 2023
Quello di Alain Parroni è forse uno dei migliori esordi del cinema italiano recente, sicuramente tra i più sorprendenti per la sua compattezza poetica, tra i più violenti per la forza sicura e dirompente delle sue immagini. Una sterminata domenica è erede del cinema dei Fratelli D’Innocenzo, ne riprende le grandi opposizioni (centralità-marginalità, religione-paganesimo), la voglia di amare il brutto, lo scomodo; Parroni però prende con forza e testardaggine la sua strada personale e con la voglia di giocare con i linguaggi e i dispositivi (gli smartphone, la pellicola, la memoria digitale e/o analogica) riflette sulla tensione di vita e di morte degli adolescenti di oggi, il loro modo di stare nel mondo, la loro voglia di essere e non di subire - immagini o educazione che sia.
Come nei personaggi dei cartoni animati, i ragazzi sono i protagonisti e gli eroi esclusivi della storia, padroni totali del loro destino: dei genitori, anche se esistono, non c’è traccia. Una sterminata domenica non è un racconto di padri e figli e di generazioni che si scontrano ma lo studio appassionato di questa adolescenza, più che ribelle quasi piratesca, animata con euforia e violenza dalla paura di essere invisibile nel presente e dimenticata nel futuro. Da lì l’attaccamento costante al cellulare (che Parroni racconta come luce riflessa, costante, sui loro volti) e la tensione a trattenere tutto con le immagini, che siano foto di famiglia, selfie, o formalmente il mescolare l’apparenza della pellicola con la moltitudine di punti di vista in ogni scena, quasi a voler fagocitare la vita con le immagini e viceversa.
Parroni si arma di camera a mano e assale i suoi bravissimi attori (Enrico Bassetti, Federica Valentini, Zackari Delmas) con abbondanti primi piani, per poi farli vorticare in un insieme frenetico e coinvolgente di dettagli, viste sia di nettezza urbana provinciale (un cavalcavia impresso nel cielo, il set abbandonato di Ben-Hur usato come base-parcheggio) che della Capitale (il centro storico, il Vaticano, ma sempre visti da così lontano o così vicino da essere distorti). A contornare questa odissea a tratti surreale, commossa e appassionata, vi sono poi le meravigliose musiche di Shirō Sagisu (compositore di Neon Genesis Evangelion).
Una sterminata domenica è quindi l'esempio virtuoso di un nuovo cinema italiano, arrabbiato, intelligente, desideroso di riflettere seriamente sulle immagini e sul futuro. Senza voglia di spiegare, ma di mostrare e di farci toccare con mano un mondo angosciato, terrorizzato e complesso come quello adolescenziale dei nostri giorni.
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