Una notte al museo 2 - la fuga - La recensione

Larry Daley, diventato ricco imprenditore, deve tornare ad aiutare i personaggi del suo museo preferito. Mediocre intrattenimento per famiglie peggiorato dalla versione italiana. Per fortuna c'è Amy Adams...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloUna notte al museo 2 - la fugaRegiaShawn Levy
Cast
Ben Stiller, Amy Adams, Owen Wilson, Hank Azaria, Robin Williams, Christopher Guest, Alain Chabat,   Steve Coogan, Ricky Gervais

Uscita22-05-2009 La scheda del film

E' difficile dire che attendevo con ansia l'uscita di questo secondo capitolo della saga istituzional-storico-alternativamente pedagogica. Il problema con questo tipo di pellicole, in cui c'è protagonista un comico noto per materiale normalmente più 'rischioso' come Ben Stiller (ma vale lo stesso discorso per Adam Sandler o l'ormai naufragato Eddie Murphy) è che il target di riferimento è appiattito verso il prodotto per famiglie più inoffensivo possibile. Che poi le famiglie apprezzino veramente questi film o li sopportino semplicemente senza preoccuparsene troppo, è questione complicata, ma di sicuro Una notte al museo 2 non prometteva nulla di buono.

In effetti, il film mantiene le (poche) promesse che ci si potevano aspettare. La storia è chiaramente una scusa per riportare Larry Daley in un museo, anche se francamente non si sforza di essere leggermente più elaborata. Come tradizione del cinema americano, ci devono mostrare come il personaggio intanto è diventato un ricco imprenditore (era fondamentale nella storia? Non proprio e comunque sembra che ormai i protagonisti 'comuni' non possano più esistere). Il tutto è arricchito (si fa per dire) da monologhi imbarazzanti e dialoghi esplicativi, tanto che Stiller arriva anche a dover spiegare (forse per i bambini che non l'hanno mai visto) uno dei temi musicali più popolari della storia del cinema. Ma basta confrontare la celebre foto di Life del bacio del 14 agosto 1945 con il lavoro fatto su Watchmen. Lì era un'idea geniale e commovente (anche se sostanzialmente durava pochi secondi), qui è il solito gioco senza nessuna pretesa.

L'assurdità della sceneggiatura arriva al punto che, sul finale, quando sembra che un personaggio possa risolvere definitivamente la contesa in favore dei buoni, decide di... andarsese. Perché? Boh. E per chi sostiene la necessità di un copyright eterno, ci si chiede quanto soldi avrebbero dovuto dare i produttori agli eredi di Swift e del suo Gulliver. E magari quanto sarebbe ricco oggi Zack Snyder se tutti quelli che hanno citato (ironicamente o meno) le scene di battaglia in 300 gli avessero dovuto pagare le royalties.

Ora, se già di base questa pellicola non sembra propriamente un capolavoro, la versione italiana si impegna per farla odiare. Di sicuro, ci sono chiari problemi di adattamento per battute che in italiano cadono completamente a vuoto. Ma la cosa veramente orrida è la scelta di far parlare costantemente Steve Coogan in romanesco (o meglio, in un romanesco talmente eccessivo da essere ormai uno stereotipo), neanche fossimo ritornati ai tempi di Fritz il gatto. Ma forse il peggio arriva con Jonah Hill che si esprime in napoletano (e per fortuna dura solo tre minuti). Si arriva anche a fare una battuta su Berlusconi e qualcosa mi dice che nell'originale non c'era. Se questa è l'idea di intrattenimento pedagogico per famiglie di Hollywood, che sembra voler 'omaggiare' i cinepanettoni, molto meglio lasciare i bambini a giocare a Grand Theft Auto.  

In tutto questo, la cosa veramente incredibile è ritrovarsi con un'interpretazione ad altissimi livelli. Ovviamente, sto parlando della sempre incantevole Amy Adams, che ormai sembra voler dimostrare al mondo di essere la miglior attrice della sua generazione. Certo, in un anno che ha finalmente consacrato Kate Winslet con l'Oscar, la mia affermazione potrà sembrare blasfema. Ma se andiamo a guardare i ruoli svolti senza preoccuparci troppo della 'serietà' delle parti svolte, possiamo constatare come la Adams al momento non abbia rivali nel tirar fuori il meglio anche da ruoli sulla carta mediocri e già visti. Qui, ogni suo sorriso e battuta riaccendono un film che per il resto fa di tutto per lasciarci nel buio più totale. Magari prendo una cantonata, ma se entro il 2020 (ma forse anche il 2015) non vince l'Oscar c'è da preoccuparsi.

In un tripudio di effetti digitali assolutamente eccessivi e un po' falsi, è la Adams il vero effetto speciale della pellicola. Tuttavia, forse è eccessivo dire che valga anche i soldi del biglietto da sola...

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