Un weekend da bamboccioni 2, la recensione
Operazione "per famiglie" in cui si esaltano tutti i valori più tradizionali in una valanga di peti da far invidia al nostro cinema meno originale...
Davanti a Un weekend da bamboccioni e anche a questo sequel è facile chiedersi che senso abbiano film simili, chiedersi cioè non tanto perchè vengano visti (tutto quel che è etichettato come cinema per la famiglia viene visto) ma perchè vi prendano parte attori e comici che da altre parti hanno dimostrato di poter aspirare a qualcosa di diverso e nettamente migliore come freschezza e anche autostima. La risposta l'ha data Salma Hayek, quando la intervistammo per Le Belve, sostenendo che ormai fa solo film molto piccoli o che sono operazioni familiari in cui coinvolge i suoi figli e altri attori i cui figli sono amici dei suoi e possono stare tutti insieme e divertirsi. Verrebbe da chiedere: "E noi?".
Se infatti i figli sono bonariamente blanditi dai padri (che poi fanno le cose peggiori) e le mogli hanno dei momenti per loro, rigorosamente separate per genere e tipo di umorismo (solo nel finale di uniscono), sono invece gli adolescenti (cioè i figli degli altri) ad essere presi letteralmente di mira, ma letteralmente, cioè proprio menati dai più grandi in una grottesca rissa finale.
Una volta era un comico molto potente, nel senso di fisico, non troppo inventivo ma capace di rompere tutti gli schemi e così far ridere, ora è incapace di muoversi da quella dimensione ed è rimasto un uomo di mezza età che sogna di essere il comico che era e mette in scena tutto questo in un film in cui, assieme ad altri colleghi, interpreta un uomo che vuole comportarsi come un ragazzo.
Tutto molto interessante per il suo analista. Meno per noi.