Un Viaggio Indimenticabile, la recensione
Dolcissimo fino allo spasmo, Un Viaggio Indimenticabile è l'esasperazione del cinema per anziani
Partendo da quest’assunto quasi matematico, applicato alla lettera con una scrupolosità che ha quasi del doloso, Til Schweiger crea una gigantesca e lunghissima apologia del nostro passato ambientandolo nel presente. In primis questo sarà incarnato incarnato dagli anziani (tutti, dal primo fino all’ultimo che compare nel film, personaggi positivi), ma anche l’elogio dello strano e del fuori dai canoni (ma con amore, s’intenda!) è associato al fascino d’epoca che si batte contro il mondo omologato moderno, inquadrato e senza cuore. Le opposizioni sono chiare e sono queste, le armi con cui combatterle invece sono i controluce, le calze (che oggi sono effetti digitali), le margherite e una impensabile moda anni ‘30.
In questo film in cui una luce smielata trasfigura ogni immagine in sogno, ogni gesto in atto d’amore, Nick Nolte con degli strani riccetti e un’ammirabile tenacia nella follia è un nonno malato di alzheimer e quindi non presente con la testa si trasferisce a vivere con la famiglia del figlio (un Matt Dillon inusualmente composto ed ordinato), si scontra con la moglie di lui ma lega ancora di più con la nipotina. Quando lei capirà che è imminente il suo spostamento in una casa di cura farà in modo di scappare insieme a Venezia. I genitori li inseguiranno. Il viaggio sarà un trionfo di bontà che entra da tutti i finestrini e si manifesta ad ogni sosta.