Un oggi alla volta, la recensione

La nostra recensione di Un oggi alla volta, nuova espressione del filone italiano "giovani e malattia terminale", dal 25 luglio al cinema

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La nostra recensione di Un oggi alla volta, dal 25 luglio al cinema

A quasi dieci anni di ritardo dagli Stati Uniti, il cinema italiano ha scoperto il filone "giovane e malattia". Il titolo chiave è Sul più bello, a cui sono seguiti Noi anni luce e Prima di Andare Via. Un oggi alla volta riprende dal primo l'estetica colorata e i personaggi eccentrici, dall'ultimo una sceneggiatura che ricorre ai più tipici cliché e la sensazione di artificiosità.

Marco, adolescente timido e poco avvezzo allo studio, è alle prese con l'ultimo anno di Superiori, che porta alla Maturità. Durante una serata, incontra Giulia, che gli lascia il numero dell'amica Aria, credendoli perfetti l'uno per l'altra. Così avviene: i due iniziano a scriversi e poi a frequentarsi. Quando tutto sembra andare per il verso giusto, la malattia degenerativa torna a colpire la ragazza, incrinando la loro relazione.

La peculiarità di Un oggi alla volta sta nel mettere al centro non la giovane malata ma il ragazzo che la conoscere e deve fare i conti con la dura verità. Tommaso Cassissa, youtuber all'esordio in un lungometraggio, ha la faccia giusta per il ruolo, ma non abbastanza verve da sopperire a una sceneggiatura non all'altezza. Due i fattori del suo ritratto: il cringe più sfrenato e momenti d'introspezione improvvisa, messi in fila e non mescolati assieme, così come i momenti comici, che predominano la prima metà, e quelli drammatici, di cui è pregna la seconda. In questa visione elementare si perde dunque la potenzialità del personaggio di Aria, che nel look e nel carattere eccentrico richiama la Marta di Sul più bello (effetto voluto: la sua interprete, Ginevra Francesconi, è la sorella di Ludovica, protagonista di quest'ultimo). Lei viene messa in secondo piano, diventa quasi una funzione narrativa per la crescita e la presa di consapevolezza di Marco, che grazie alla ragazza scende dalle nuvole e impara a considerare aspetti più concreti. Dinamiche da fiction, come alcune facili scorciatoie che la storia propone.

Come se SKAM Italia e Prisma non avessero insegnato niente, il ritratto degli adolescenti non prevede sfumature e ambiguità, in un orizzonte conciliante rivolto a un pubblico ancora più giovane. Il punto di non ritorno è quando i protagonisti, dopo aver bevuto solo succo di frutta, si avvicinano a una birra, che diventa perfetta scusa del "avevamo bevuto!". Non se la passano bene neanche gli adulti: le professoresse sono arpie che godono nel dare brutti voti, i genitori irresponsabili e insensibili. No, non è l'assunzione del punto di vista dei protagonisti: è segno di poca cura nella scrittura.

Un oggi alla volta non migliora, anzi, quando nella seconda parte abbraccia in pieno il tema della malattia, che irrompe all'improvviso, dando l'impressione di un escamotage per portare da qualche parte le vicende. In più, il filone è per definizione ricattatorio e il film fa di tutto per conformarsi a quest'accezione, tra momenti lacrimosi, musica triste e pillole sulla vita e sull'amore. Strumenti forzati per cercare di farci appassionare a una storia altrimenti insapore.

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