In un mondo migliore - La recensione
Due ragazzini devono gestire il loro rapporto con la violenza, mentre un medico si trova di fronte ad atrocità in Africa. Il film di Susanne Bier ha diversi pregi, ma anche alcune cadute di tono...
Recensione a cura di ColinMckenzie
Titolo In un mondo miglioreRegiaSusanne BierCast
Mikael Persbrandt, Trine Dyrholm, Ulrich Thomsen, William Jøhnk Nielsen, Markus Rygaard
UscitaDa stabilire
Si inizia con una scena didascalica al ralenti che sembra vista 10.000 volte in televisione (e non è un complimento). Si termina con dei titoli di coda pseudoartistici (e un po' pomposi), dopo peraltro un brutto quarto d'ora finale. Se dovessimo giudicare dall'inizio e dalla fine di questa pellicola, sarebbe da bocciare senza riserve. Per fortuna, quello che c'è in mezzo è di livello superiore a questi 'estremi'.
La parte migliore è quella centrale, forse proprio per via della sua ambiguità. Come deve reagire un ragazzo vittima di bullismo? Deve farsi giustizia da solo? E le violenze degli adulti, devono essere 'ripagate' allo stesso modo? A vedere il ritratto di alcuni insegnanti ultraottimisti e ottusamente progressisti, queste domande non sembrano così retoriche. Peraltro, proprio questa fase del film è apprezzabile perché non si sa mai cosa succederà.
Tuttavia, diverse cose non funzionano altrettanto bene. A tratti, si ha l'impressione che si cerchi di creare un effetto nello spettatore a tutti i costi, magari piegando alcune sequenze per un desiderio di sensazionalismo. In questo senso, in alcuni momenti drammatici la musica contribuisce agli eccessi della storia. E il finale (comprese delle parole del giovane protagonista fin troppo mature) non sembra proprio adeguato al resto della pellicola. Comunque, attenzione alla Bier: è già entrata nella cinquina degli Oscar per il miglior film straniero e non mi sorprenderei se bissasse quel risultato...