Un giorno perfetto

Una coppia con figli si separa, ma l'uomo non accetta la fine del rapporto. Ferzan Ozpetek esce dai suoi canoni abituali, ma il risultato è falso e deludente, con un finale allucinante...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloUn giorno perfettoRegiaFerzan OzpetekCast

Isabella Ferrari, Valerio Mastandrea, Stefania Sandrelli, Monica Guerritore, Angela Finocchiaro, Nicole Grimaudo

Uscita5 settembre 2008

C'era molta curiosità in questa nuova avventura di Ferzan Ozpetek. Non solo c'è stato un importante cambiamento di produttore, ma le classiche tematiche di questo regista (omosessualità e amicizia) sono state lasciate da parte per questo film. Difficile capire se si tratta di una ragione soltanto artistica o anche commerciale, ma è sicuramente un bene che un realizzatore non rimanga confinato a vita dentro dei confini molto angusti, da cui era uscito solo con lo sventurato Cuore sacro.

Purtroppo, viene da rimpiangere non solo l'Ozpetek di Saturno Contro (discreto, ma non certo eccezionale), ma anche quello di Cuore sacro, film assolutamente non riuscito, ma che almeno voleva rappresentare qualcosa di coraggioso.
Qui, tutto è falso, che si tratti del bullismo a scuola, di un bambino che interpreta una canzone o dei personaggi che piangono (soprattutto la Ferrari e Binasco). Così come sono falsamente poetiche delle frasi allucinanti come "La prossima settimana ti sposo", "non so se è un sogno o un incubo", "è una caratteristica del destino essere strano" o "l'amore ad un certo punto se ne va". Le avessero scritte un Moccia (ma anche un Muccino) sarebbero state giustamente massacrate, ma visto che lo fa Ozpetek si è decisamente più indulgenti.

D'altronde, sono proprio i dialoghi ad essere scritti male e a risultare poco naturali, con una menzione speciale per una telefonata tra Mastandrea e la Sandrelli (che vale alla leggendaria attrice l'Oscar dell'idiozia) e ad un momento pieno di parolacce (fatto per sconvolgere i critici settantenni e magari farli risvegliare dal loro torpore). E che dire degli accenti dei protagonisti? Passi per quelli 'altolocati', che magari p ossono tirare fuori la scusa di scuole importanti (ma anche così...), ma la famiglia Bonocore (cognome non proprio lombardo) che vive a Roma da secoli e che parla un italiano perfetto, roba che nessuno nella capitale fa? Sembrerà un particolare, ma nel cinema americano nessuno farebbe un errore del genere, che certo non contribuisce a rendere credibile il film.

D'altronde, l'operazione condotta da Ozpetek sul libro della Mazzucco (che non ho letto, quindi non posso giudicare quanto sia farina del sacco del regista o dell'autrice) è assolutamente riprovevole. E' il classico film ricattatorio, che mette assieme famiglie in crisi, difficoltà dei figli, paura di rimanere soli e, già che c'è, butta lì distrattamente il lavoro precario nei call center (e che palle, sembra che ormai non si possa realizzare una pellicola italiota senza metterci i telefonisti, come se tutti facessero questo nella vita) e la questione politica e giustizia, oltre a 'sottili' metafore esistenziali (i pappagalli in gabbia, wow). Il tutto, in una trama che definire minimalista sarebbe un complimento, considerando che in realtà è semplicemente scarna e povera, oltre alla decisione infelice di spezzettare la narrazione in più storie, che peraltro quasi mai ci toccano minimamente (soprattutto le vicende della famiglia dell'onorevole, in cui i l 'chi se ne frega' regna sovrano). Sul finale allucinante e imbecille (non c'è altro termine da utilizzare, roba che se fossi un sindacalista della polizia penserei seriamente ad una denuncia nei confronti dei produttori), meglio stendere un velo pietoso.

Quello che colpisce è che da un regista come Ozpetek (che anche qui mostra le sue doti tecniche, con una regia spesso elegante e sinuosa, decisamente degna di miglior causa) è lecito aspettarsi ben altro. Ma, invece di correre dei rischi veri, ci si rifugia in un formalismo che vorrebbe essere degno di Fassbinder, Bergman e Kieslowski. Purtroppo, siamo di fronte soltanto ad una banale pellicola italiana, con tutti i vizi del nostro cinema festivaliero... 

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