Un gioco da ragazze

Adolescenti dell'alta borghesia italiana, tra sesso, droga e genitori assolutamente assenti. Più che un film, un banalissimo trattato sociologico, molto più moralista di quanto vorrebbe sembrare...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloUn gioco da ragazzeRegiaMatteo RovereCastChiara Chiti, Filippo Nigro, Desiree Noferini, Nadir Caselli, Chiara Paoli, Valeria Milillo
Uscita7 novembre 2008 

Questo film ha subito una censura assurda, un divieto ai 18 anni che non deriva da scene particolarmente forti, ma da un tono che evidentemente deve essere stato considerato scorretto (e che non dovrebbe essere compito della Commissione giudicare). Come ha detto lo stesso produttore Maurizio Totti, è possibile che la versione che arriverà in sala sia più corta di quella che abbiamo visto al Festival, anche se francamente è difficile capire dove tagliare in una storia del genere. Comunque sia, l'ennesimo esempio che la commissione di censura colpisce quasi sempre in Italia i film meno 'protetti' e che ormai è anacronistico far giudicare allo Stato (e non, eventualmente, ai genitori) cosa possono vedere i minorenni.

Detto questo, va specificato che il rischio non è certo quello di perdere una pellicola di Nagisa Oshima o di Fassbinder. Anzi, viene da sperare che siano pochi gli sventurati che perdano un'ora e mezza della propria vita con questo lavoro insignificante. La storia e la sceneggiatura non ci sono, perché tutto sembra uscito da un settimanale femminile e/o da un'inchiesta sociologica. Le protagoniste sono impegnate in sesso casuale/non protetto, fanno ampio uso di droghe, bevono come spugne, insultano i professori, seviziano le compagne di scuola, tentano il suicidio, hanno rapporti superficiali con i genitori, soffrono di problemi alimentari e amano guidare come pazze. Ora, non è che queste cose non accadono nella realtà. Ma, per prima cosa, non è che siano sufficienti a costruirci un film. E, soprattutto, se l'idea è di mostrare tutte (ma proprio tutte) le cose negative che possono avvenire a delle diciassettenni, si costruiscono dei personaggi falsi, perché hanno soltanto la funzione di sconvolgere (magari provocando una puntata di Porta a Porta a loro dedicata) e non costruire delle figure verosimili.

Il problema è proprio questo eccesso costante in qualsiasi scena. Infatti, tutto risulta falso, anche i contrasti della protagonista con il professore o con le sue amiche. Lo sviluppo, nonostante si tratti di adolescenti (che quindi dovrebbero essere assolutamente imprevedibili), è quanto di più programmatico si possa pensare, con un modo di avanzare la storia assolutamente scontato, ma anche poco sensato. Insomma, se l'idea era di creare un noir con una dark lady adolescente, magari si poteva fare un po' meglio. Anche perché qui i momenti ultratrash sono tanti, come quelli con il cane o un consiglio scolastico che inizia con una frase allucinante.

Ma quello che dà più fastidio è il tono moraleggiante, che in realtà dovrebbe renderlo un film amatissimo dal Vaticano. Tutte le protagoniste, in maniera più o meno evidente, soffrono terribilmente, anche se cercano di nascondere i loro problemi con vestiti costosi e letture 'impegnate' (chissà se a Vanity Fair saranno contenti della pubblicità gratuita). A questo proposito, a tratti il film sembra un product placement, peccato che non farà vendere molto alle aziende coinvolte.

Ovviamente, in questo contesto è difficile sperare di vedere buone prove interpretative e infatti meglio abbandonare subito ogni speranza. La protagonista Chiara Chiti non se la cava malissimo, ma è limitata da un personaggio che ha sostanzialmente due espressioni (e quella incazzata la mantiene per l'80% delle scene). Le altre ragazze vanno un po' per conto loro, mentre Filippo Nigro tende spesso ad esagerare. Dispiace peraltro che Valentina Carnelutti (era la moglie del personaggio di Fabrizio Gifuni ne La meglio gioventù) si ritrovi in questo contesto. Si può sperare invece che nessuno cerchi di salvare il lavoro di Matteo Rovere solo perché va al di là dei campo/controcampo e delle inquadrature di trenta secondi tipiche dei prodotti televisivi più scaciati. Non sono un po' di effettini, colori saturi o scene sfocate che devono farci sperare di aver trovato un regista 'diverso'.

Difficile capire come si possa selezionare una roba del genere a un Festival con grandi aspirazioni. A questo punto, perché non invitare direttamente i filmati di YouTube che vediamo mostrati nella pellicola con grande enfasi? Alla proiezione per la stampa di ieri sera, si rideva come pazzi nei momenti più 'drammatici'. Vediamo se chi si è divertito tanto almeno non nasconderà il suo stato d'animo con il solito cerchiobottismo...

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