Un Couple, la recensione
Forse film di finzione, forse documentario sulla performance di un'attrice, Un Couple ha tutti i segni del suo cinema tranne l'interesse
La recensione del primo film di finzione di Frederick Wiseman, Un Couple, in concorso al Festival di Venezia
Wiseman osserva con una distanza da documentarista, e applica in pieno il suo stile, fatto di inquadrature di 3-4 secondi di diversi punti di un ambiente presi dalla mezza distanza (abbastanza lontano da intuire l’insieme, abbastanza vicino da distinguere i dettagli). Quello è il suo tempo filmico, quello è il suo montaggio e la sua maniera di costruire un mondo nel quale le persone vivono e lavorano. Da subito il film suona suo. In questo caso in cui quel che avviene è per l’appunto che una donna reciti, e lui la guarda come guarda le guide della National Gallery spiegare un quadro o la giunta di una cittadina americana discutere un punto all’ordine del giorno, con il medesimo interesse e la medesima discrezione che suggerisce invisibilità ma nasconde accurata selezione.
Un Couple quindi stanca prestissimo e anche il collage di testi creato da Wiseman e Boutefeu stessi non riesce mai a catturare. L’unica cosa che rivela questo film, paradossalmente, riguarda i documentari passati. Guardando Un Couple è evidente più che mai come Wiseman in fondo abbia sempre ripreso delle performance, cioè abbia guardato gli esseri umani al lavoro come artisti che mettono in scena qualcosa, con quel tipo di interesse, riuscendo a farceli apparire magnetici come star. Come del resto è evidente che il suo interesse è sempre stato sulla luce e come invada gli ambienti, una passione per la chiarezza e i colori che sa creare quasi da Norman Rockwell. Qui che tutto ciò riesce meno ed è più maldestro è impossibile non notarlo.