Un anno, una notte, la recensione
Un anno, una notte è un film che sorprende continuamente, in un climax liberatorio che tuttavia conserva saggiamente ogni attimo di dolore.
La recensione di Un anno, una notte, al cinema dal 10 novembre
I protagonisti sono Ramón (Nahuel Pérez Biscayart) e Céline (Noémie Merlant), che conosciamo appena dopo l’attacco e li conosciamo e dal giorno successivo - il giorno “zero” del resto delle loro vite. Un anno, una notte li vede alle prese con il dolore in due modi antitetici, lei come un muro di silenzio e negazione, lui invece completamente ossessionato dal rievocare continuamente quei momenti.
Usando il montaggio come strumento essenziale di costruzione della tensione, Lacuesta inserisce cronologicamente vari frammenti della notte del Bataclan nel mezzo della narrazione di, appunto, un anno di Ramon e Celine. Così facendo Un anno, una notte costruisce non solo emotivamente ma anche linguisticamente un groviglio di immagini cariche di tensione, dove quella notte continua a riapparire visivamente di fronte allo spettatore come per i due protagonisti riaffiora costantemente nella memoria. Quello di Noémie Merlant, in particolare, è un personaggio pieno di sfaccettature, che da statuario pian piano si sfalda e che Merlant costruisce una recitazione sempre a togliere ma allo stesso tempo di un’intensità travolgente.
L’unico difetto che si può trovare al film è forse la ripetitività di certe dinamiche (qualcosa, forse, si poteva tagliare), per il resto però Un anno, una notte è un film che sorprende continuamente, rapendo lo spettatore mentre procede silenziosamente oltre qualsiasi aspettativa, in un climax liberatorio che tuttavia conserva saggiamente ogni attimo di dolore. Senza buttare via niente.
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