Un anno, una notte, la recensione

Un anno, una notte è un film che sorprende continuamente, in un climax liberatorio che tuttavia conserva saggiamente ogni attimo di dolore.

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La recensione di Un anno, una notte, al cinema dal 10 novembre

Basta mettere assieme le parole “film drammatico” e “Bataclan” per creare in un potenziale spettatore un senso d’angoscia che quasi potrebbe portare al rifiuto seduta stante della visione di Un anno, una nottedi Isaki Lacuesta. Tutti ci ricordiamo degli eventi tragici della notte del 13 novembre 2015, quando al Bataclan di Parigi un attentato terroristico rivendicato dall’ISIS costò la vita a 130 persone durante il concerto degli Eagles of Death Metal. Un anno, una notte tuttavia pur mostrando in parte quegli eventi drammatici ne rifiuta la visione morbosa (il dramma è sempre nel fuori campo), raccontando invece con delicatezza e tatto il dopo, l’aspetto forse più doloroso ma invisibile: la difficoltà dei sopravvissuti nel ricominciare a vivere.

I protagonisti sono Ramón (Nahuel Pérez Biscayart) e Céline (Noémie Merlant), che conosciamo appena dopo l’attacco e li conosciamo e dal giorno successivo - il giorno “zero” del resto delle loro vite. Un anno, una notte li vede alle prese con il dolore in due modi antitetici, lei come un muro di silenzio e negazione, lui invece completamente ossessionato dal rievocare continuamente quei momenti. 

Un anno, una notte in un certo senso si può dire ribalti le aspettative su che tipo di film sia. Certamente racconta quella tragedia annunciata, eppure concentrandosi sulla relazione tra i due sposta subito il focus e l’attenzione su tutt’altro piano, ovvero su quanto possano essere diversi i percorsi di guarigione di ognuno e quanto la diversità delle possibili reazioni a un tale trauma possa alterare per sempre (e in modi inaspettati) un equilibrio, un’intesa. Un’intera storia d’amore. Isaki Lacuesta in questo senso riesce veramente a creare intorno alla vicenda del Bataclan un alone di morte e di dolore perenne, ma lo fa attraverso la scrittura di due personaggi simbiotici che pian piano, pur provando ad andare avanti, sembrano condannati ad un dolore eterno. Questo è realmente straziante, ma non nel modo in cui ci si aspetta.

Usando il montaggio come strumento essenziale di costruzione della tensione, Lacuesta inserisce cronologicamente vari frammenti della notte del Bataclan nel mezzo della narrazione di, appunto, un anno di Ramon e Celine. Così facendo Un anno, una notte costruisce non solo emotivamente ma anche linguisticamente un groviglio di immagini cariche di tensione, dove quella notte continua a riapparire visivamente di fronte allo spettatore come per i due protagonisti riaffiora costantemente nella memoria. Quello di Noémie Merlant, in particolare, è un personaggio pieno di sfaccettature, che da statuario pian piano si sfalda e che Merlant costruisce una recitazione sempre a togliere ma allo stesso tempo di un’intensità travolgente.

L’unico difetto che si può trovare al film è forse la ripetitività di certe dinamiche (qualcosa, forse, si poteva tagliare), per il resto però Un anno, una notte è un film che sorprende continuamente, rapendo lo spettatore mentre procede silenziosamente oltre qualsiasi aspettativa, in un climax liberatorio che tuttavia conserva saggiamente ogni attimo di dolore. Senza buttare via niente.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Un anno, una notte? Scrivetelo nei commenti!

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