Un amore, la recensione di tutti gli episodi

La prima serie tv di alta fascia romantica realizzata in Italia trova in Un amore un capostipite che tutti dovrebbero imitare

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione dei sei episodi di Un amore, la serie Sky con Stefano Accorsi e Micaela Ramazzotti

Lo si capisce dall’inizio che Un amore non è una serie scritta come le altre storie romantiche da cinema o televisione italiane. Proprio la lingua parlata e la maniera in cui i sentimenti sono raccontati da una voce fuoricampo che legge delle lettere è molto migliore e ha il tono giusto. 

Tutto il primo dei 6 episodi di questa miniserie Sky funziona come una forma lieve di introduzione alla storia, in cui a lungo non capiamo come i due personaggi che sappiamo essere protagonisti entreranno in contatto (anche se abbiamo capito cosa li leghi) e questa riluttanza a dare tutte le informazioni non è mai fastidiosa. Anzi, la maniera in cui attraverso continui piccoli indizi Un amore tiene desta l’attenzione mentre scivola dentro l’intreccio è confortevole e promette molto. Il fatto che i restanti episodi confermino queste promesse poi è proprio quello che non ci si aspetta da una serie sentimentale italiana.

Di cosa parla Un amore

La storia sarà quella di Alessandro e Anna, che si sono conosciuti in un Interrail a fine anni ‘90, quando avevano circa 20 anni, rimanendo poi sempre in contatto via posta e email per 30 anni, senza più rivedersi. Lo fanno ora, quando una questione familiare tiene Alessandro bloccato nella città di Anna, Bologna. I due si sono fatti una vita in questi 30 anni ma non hanno mai smesso di provare un sentimento latente per l’altro. Lungo le puntate seguiamo tra linee temporali: il presente in cui Anna e Alessandro si incontrano e tutto ciò che segue; il passato in cui si conoscono in Interrail e cosa accadde all’epoca per tenerli così uniti; tutti gli anni intercorsi, ricostruiti dalle lettere che si sono scambiati e che puntellano il racconto principale.

Dietro a questo film incombe lo spettro della trilogia di Richard Linklater composta da Prima dell’alba, Prima del tramonto e Before Midnight, ci sono moltissimi pezzi tratti o anche solo ispirati da momenti dei primi due film, e il sentore generale è che a essere cercato è quel tipo di sentimentalismo fortissimo ma mai clamoroso, anzi dalla forma estremamente comune. Un amore però ha il pregio di avere una sua identità forte, di essere estremamente italiano nel senso migliore del termine e di trovare una lingua, dei dialoghi e un buon intreccio che possano trasformare ciò che solitamente è smielato in qualcosa di reale e credibile. Se c’è un coraggio qui è quello di essere sfacciatamente sentimentali, senza tirare la mano indietro e senza temere il kitsch (che non vuol dire non cercare di evitarlo) ma trovando l’equilibrio del cinema romantico migliore, quello per il quale si può raggiungere un diapason in cui i sentimenti in gioco sono così credibili, intimi e condivisi con spettatori che li possono riconoscere come propri, che le frasi smielate non suonano più smielate, ma soltanto vere.

Alla base c’è un’ottima idea, cioè di localizzare nella storia dei ragazzi una dinamica sentimentale più platonica e che fatica a concretizzarsi (quella che solitamente associamo all’amore maturo), e invece mettere nella storia di loro adulti una dinamica più istintiva, passionale e folle (che solitamente associamo all’amore giovanile). Così facendo Un amore tira una riga dritta che collega il sentimentalismo da ragazzi a quello degli adulti, provando a trovare una maniera di far comportare i secondi con il medesimo entusiasmo e la medesima eccitazione dei primi, senza che siano ridicoli. È molto difficile ma ci riesce.

Il ritorno di Accorsi

La serie è scritta da Enrico Audenino (già autore di Christian) e Stefano Accorsi, che per la prima volta è anche sceneggiatore, oltre che produttore esecutivo e creatore del progetto (sempre con Audenino). Era da 1992 che non riprendeva un ruolo creativo e il risultato è di nuovo molto buono. Un amore non ha niente di innovativo e non vuole averlo, vuole raccontare una storia d’amore con il medesimo piglio complesso con il quale raccontiamo quelle drammatiche, e soprattutto sa farlo in una dinamica seriale. Pura Prestige TV, anche dal punto di vista della recitazione.

Non solo Accorsi e Micaela Ramazzotti (che non fa nemmeno troppo il suo consueto personaggio) ma tutto il cast di contorno (incluso Alessandro Tedeschi) funziona molto bene e forse proprio perché, una volta tanto, si ha  l'impressione che non sia tutto affidato alla recitazione ma che questa sia esattamente al medesimo livello della scrittura e che esista davvero una regia che mette le due in connessione, facendole lavorare in concerto con il resto degli elementi della messa in scena, Un amore può permettersi più volte dei passaggi molto convenzionali se non proprio apertamente prevedibili, senza che suonino come tali.. Non sorprende scoprire che alla regia ci sia Francesco Lagi, che dopo l'incomprensibile Il pataffio torna a far vedere quello che di ottimo aveva mostrato in Quasi Natale, cioè una formidabile capacità di gestire i tempi delle scene, di moderare il passo senza annoiare e lavorare sulla recitazione.

Il difficile in una serie come Un amore è infatti reggere per 6 episodi da un’ora. Non a caso in qualche momento (la terza puntata) un po’ soffre, ma troppo di buono viene fatto per fermarsi su questo. Già il solo approcciare qualcosa di comune, usuale e molto raccontato come l’amore con questo piglio e questa voglia di complicare tutto per raccontarne sfumature mai toccate, senza inventarsi niente ma andando più a fondo del solito, è da applausi.

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