Un amor, la recensione
È una storia ambigua, giocata sui di ruoli di genere e gli stereotipi sociali, quella che racconta Isabel Coixet con Un amor
La recensione di Un amor, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023
È una storia ambigua, giocata sui di ruoli di genere e gli stereotipi sociali, quella che racconta Isabel Coixet con Un amor: ed è proprio tale ambiguità, per certi versi irrisolta e provocatoria, la tesi compiuta del film. Le linee d’ombra tra la volontà di Nat e la sua sorprendente realizzazione sono infatti molteplici, ma ciò che intriga di Un amor è proprio il modo in cui presenta certe dinamiche relazionali su cui, chi guarda, viene messo davanti al suo pregiudizio.
La prevaricazione maschile viene schiacciata in Un amor da un’affermazione femminile vitale quanto problematica, mossa da un desiderio sessuale socialmente castigato, impulsivo, dolce, straziato. Insomma il personaggio di Nat è veramente ben scritto (da Laura Ferrero, Sara Mesa e Coixet stessa) e, interpretato da Laia Costa, acquista una consistenza di bellissima fragilità testarda che lo rendono profondamente credibile ed empatizzabile.
Un amor ricorda non poco le atmosfere e le dinamiche di As Bestas di Rodrigo Sorogoyen, l’idea quasi horror di un’invasione di campo da parte di un estraneo verso un territorio chiuso e solo apparentemente idilliaco dove, per sopravvivere, bisogna cambiare sistema di pensiero. Isabel Coixet si interessa però quasi esclusivamente alla trasformazione del suo personaggio, meno al contesto, e così certi spunti sembrano rimanere irrisolti.
La regia di Coixet è però talmente intrigante e dinamica rispetto a ciò che crediamo sulla protagonista che lo svolgimento mette alla prova non solo le pulsioni di Nat, la sua posizione sociale e il suo desiderio frustrato, ma soprattutto i nostri pregiudizi: senza dare risposte retoriche. Che eleganza.
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